Pubblicata per la prima volta nel 2000 dopo quasi mezzo secolo di gestazione, Oga Magoga ritorna in libreria grazie a Il Saggiatore e alla curatela di Emilio Giordano. L’intento è quello di donare alla poderosa opera dello scrittore calabrese Giuseppe Occhiato un nuovo pubblico.
Nato a Mileto il 10 novembre 1934, Giuseppe Occhiato è stato uno storico, scrittore e saggista purtroppo poco ricordato anche nella sua stessa regione d’origine, la Calabria.
Conseguita la laurea in Lettere all’Università di Messina, Occhiato si trasferì a Firenze negli anni ottanta. Fu insegnante e preside, studioso di lingua e dialetti e di storia dell’architettura normanna nel Sud d’Italia. Si mosse per l’istituzione nella natia Mileto di un museo che tramandasse il patrimonio artistico e la storia religiosa e civile della cittadina in provincia di Vibo Valentia, prima sede episcopale latina del Sud.
Il suo primo romanzo, Carasace, andò alle stampe nel 1989, ma è Oga Magoga il testo riconosciuto come suo autentico capolavoro, oggi pubblicato in una nuova accurata edizione da Il Saggiatore con la curatela di Emilio Giordano.
Il monumentale romanzo (quasi 1300 pagine) ha origini antiche con Occhiato che ne scrisse la prima bozza già nella prima metà degli anni cinquanta, giovanissimo, ultimandolo, dopo mille letture, cancellature, riscritture e revisioni, nel 1999, un anno prima della sua pubblicazione, in tre volumi, per il piccolo editore Editoriale Progetto 2000.
La straordinaria lingua di Oga Magoga
Nel suo epos, l’opera di una vita, Giuseppe Occhiato dà mostra di uno stato di grazia narrativo grazie alla lingua con cui è composto il lavoro; una lingua arcaica, seducente, inattuale, polimorfa che galoppa nelle sconfinate praterie lessicali dell’autore e che non può richiamare all’Horcynus Orca di Stefano D’Arrigo, seppur la prosa dello scrittore calabrese sia, come scrive Orazio Labbate su La lettura, “intrisa di una rudezza diretta e colma di azione”.
Fucina del vocabolario occhiatano è il dialetto, anzi i dialetti calabresi straordinariamente mescolati con la lingua italiana. Scriveva l’autore, morto nel 2010 a Firenze all’età di settantacinque anni, che “usare un termine dialettale in un contesto moderno è come salvarlo. […] Le parole, se non usate, scompaiono”.
Il cuore del romanzo
Oga Magoga, premiato nel 2003 col Premio Corrado Alvaro, è un poema epico popolare che trova il suo protagonista in Rizieri Mercatante, ritornato al paese con la caduta del fascismo, nella turbolenta estate del 1943. Un topos comune che però viene caratterizzato dal terrore che Rizieri prova per un Minotauro che, crede, si stia aggirando nella sua terra mitica in cui le dure e spietate realtà culturali e sociali si intrecciano alla magia dei racconti e dei riti. Di crudeltà e fascinazioni, di ferocia e innocenza.
Antonio Pagliuso
Foto di Antonogrillo1959 – Opera propria condivisa via Wikipedia con licenza CC BY-SA 4.0