E intanto nel Sudan in guerra si saccheggiano i musei

Un conflitto ignorato e una catastrofe umanitaria senza precedenti che durano da un anno e mezzo. In Sudan, dopo 40.000 morti e milioni di sfollati e prossimi alla carestia, adesso anche il patrimonio culturale viene preso di mira.

L’occhio di bue è puntato altrove. Lo sappiamo e lo sanno di più i sudanesi, un popolo senza pace e di cui in pochi parlano.

Mentre nei palazzi del potere si festeggia l’invio del nuovo carico di missili destinato in Europa dell’Est e sulle reti sociali e nelle piazze e ancor più sui divani del beato Occidente si sventolano le bandiere di Paesi mediorientali, aizzando la folla, reale e virtuale, contro questa o quella nazione, in Sudan, Paese dell’Africa nordorientale, si combatte una guerra nascosta, taciuta dai media globali e ignorata dai potenti della Terra.

La guerra dimenticata del Sudan

Sudan, un Paese che non riesce a trovare stabilità fin dalla sua indipendenza dal Regno Unito e dall’Egitto ottenuta il 1º gennaio 1956. Da allora la nazione ha attraversato una sequela di rivoluzioni e guerre civili – la più lunga e sanguinosa, quella durata dal 1983 al 2005 e conosciuta come Seconda guerra civile sudanese, una delle più recenti, quella del Darfur scoppiata nei primi anni del Duemila.

Il fuoco è ancora acceso in Sudan, nelle fattezze di un conflitto civile che va avanti da un anno e mezzo e che ha mietuto finora 40.000 vittime (ma altre stime fanno presagire numeri anche di molto superiori) e ha portato a una gravissima crisi umanitaria e alimentare a Khartum e in altre città sudanesi con milioni di civili sfollati e a rischio fame, senza che l’ONU – di cui il Sudan fa parte – e nessuno stato riescano a intervenire per garantire gli aiuti alla popolazione.

Una guerra brutale, sporca, che sta devastando un intero Paese, fra i più vasti del Continente africano – fino al 2011, anno del distacco della parte meridionale e della indipendenza del Sudan del Sud, il Sudan era la nazione più estesa del continente.

Gli scontri fra le due fazioni militari

Quella scoppiata nella primavera del 2023 è una guerra fratricida fra l’esercito sudanese (SAF) e le Forze di Supporto Rapido (RSF), organizzazione paramilitare originaria del Darfur che intende prendere il controllo totale del Paese, ora “in mano” del presidente del Consiglio sovrano di transizione il generale Abdel Fattah al-Burhan, salito al potere dopo il golpe portato a termine nell’ottobre del 2021 contro l’esecutivo del tempo guidato da Abdalla Hamdok.

Capeggiate dal leader Mohamad Hamad Dagalo “Hemedti”, da allora le RSF hanno allargato il loro dominio su ampie regione del Paese, lasciando inermi le forze armate regolari. E dopo villaggi, città, mercati e ospedali, ora in Sudan anche i musei e i siti culturali vengono attaccati.

Il Museo nazionale del Sudan a Khartum (foto di David Stanley caricata da AlbertHerring condivisa via Wikipedia con licenza CC BY 2.0)

Il Museo nazionale del Sudan

Intensi combattimenti, di fatti, si sono registrati anche attorno al Museo nazionale di Khartum, il cui stabile è stato usato come roccaforte dalle milizie della RSF del generale Hemedti.

Il Museo nazionale, il più importante del Sudan, dal 1971 raccoglie oltre centomila reperti provenienti da tutte le aree di interesse archeologico del Paese e ne racconta la storia, dal Paleolitico all’epoca islamica, custodendo la collezione relativa alla civiltà nubiana più nutrita del mondo. Il Museo, inoltre, conserva molti manufatti provenienti dalla campagna internazionale organizzata fra il 1960 e il 1980 per salvare i monumenti della Nubia.

Un inestimabile patrimonio culturale in pericolo

Situato nei pressi della confluenza del Nilo Bianco e del Nilo Azzurro, il Museo è stato già sede di violenti scontri fra le due fazioni e da mesi è controllato dalle Forze di Supporto Rapido che starebbero sistematicamente saccheggiando l’istituto museale e vendendo i tesori d’arte in esso conservati sul mercato nero.  

Immagini satellitari hanno evidenziato numerosi movimenti di camion nella zona del prestigioso museo, facendo presagire una operazione in atto di esportazione clandestina di beni culturali verso Sud, diretta al confine con la repubblica del Sud Sudan.

Dalle milizie non arriva alcuna notizia riguardo la tutela dell’inestimabile patrimonio ivi conservato o dei danni che i reperti hanno subito, nonché conferme o smentite dei possibili traffici illeciti desunti dalle immagini pervenute dai satelliti.

Museo nazionale Khartum, Sudan
Bricco con becco a forma di ippopotamo al Museo nazionale del Sudan (foto di Shmyg – Own work condivisa via Wikipedia con licenza CC BY-SA 3.0)

La guerra in Sudan interessa anche i musei e i Patrimoni Unesco

In Sudan anche i musei vengono colpiti. Secondo varie fonti, azioni militari, atti di distruzione, furti e contrabbando hanno interessato pure il Museo etnografico, il Museo di storia naturale e l’Antico palazzo repubblicano della capitale Khartum e il Museo Nyala nel Darfur meridionale.

E pure altre aree del Paese di elevatissimo interesse storico, centri di grandi civiltà come gli antichissimi regni di Kerma e di Kush. I complessi di Naqa e del tempio di Musawwarat es Sufra e il sito archeologico riguardante l’antica città nubiana di Meroe, potenza del mondo antico sorta in un periodo che va dall’VIII secolo a.C. al IV secolo d.C. lungo le rive orientali del Nilo, con splendide piramidi – le civiltà sudanesi ne costruirono di più delle dinastie egizie –, dal 2011 inserita nella lista del Patrimonio dell’umanità Unesco.

Sudan, un Paese abbandonato, fuori dalle cronache mondiali, e che ora rischia di perdere per sempre anche la sua storia.

Foto di Mohamed Zekry condivisa via Pexels

Antonio Pagliuso