Salone del Libro: presentata “L’opera poetica”, editi e inediti di Cesare Pavese

Mondadori pubblica L’opera poetica, editi e inediti di Cesare Pavese. Un punto di svolta, di riscoperta e di ripartenza nel groviglio di diari e appunti del poeta e intellettuale, nel tentativo di trovare il sentiero tracciato nel tempo.

Ciò che prima non c’era, ora esiste: quasi 1800 pagine, un unicum, un accurato lavoro filologico, fatto di passioni condivise e di tanto studio. Un atto dovuto e voluto dalla Mondadori, che ha affidato l’arduo compito a Antonio Di Silvestro e Antonio Sichera. Una scrupolosa selezione (tra scelta e discernimento) degli scritti del castello poetico, costruito nel tempo da Cesare Pavese; un punto di svolta, di riscoperta e di ripartenza; un’edizione critica della sua intera produzione poetica… perché Pavese insiste e resiste nei suoi versi di sorprendente attualità e trasparenza, nonostante questi siano figli di un mondo non più esperibile, fuggevole e sfuggente.

Un atto dovuto e voluto, perché Pavese non finisce con la sua morte tragica, perché ancora non lo si conosce abbastanza, perché la sua poesia è diversa, perché fino a ora mai nessuno aveva pensato ad un’edizione critica completa della sua opera in versi. Un atto dovuto e voluto di ri-scoperta e di ri-nascita nei confronti di chi, nonostante il trascorrere del tempo e degli anni, riesce ancora a comunicare raccontandosi.

Camminiamo una sera sul fianco di un colle,

in silenzio. Nell’ombra del tardo crepuscolo

mio cugino è un gigante vestito di bianco,

che si muove pacato, abbronzato nel volto,

taciturno. Tacere è la nostra virtù.

(I mari del sud)

Un lavoro monumentale, presentato dal giornalista Paolo di Paolo, in anteprima assoluta a Torino, presso il Salone Internazionale del Libro, in collaborazione con Pordenone legge, alla presenza dei due coautori e un pubblico attento e numeroso di giovani e giovanissimi. Un volume di cospicue dimensioni, che ci ha restituito un autore che sin da giovane leggeva i poeti comico-realistici, che traduceva Omero, Catullo e Orazio e intanto si formava su esperienze stilnovistiche, epico-cavalleresche e ancora… su Boiardo, Ariosto. Un poeta che, prima di diventare tale, esplora tutte le possibilità che la tradizione gli offre, cercando di dar voce a quel mugolìo che fa ruminare le parole nella mente. Un animo poetico che torna spesso sui propri passi, correggendo e ricorreggendo parole su parole, in quell’incedere a ritroso verso la prima e più genuina forma della propria scrittura, in una ricerca spasmodica della parola giusta, essenziale e limpida, colma di vita.

Un poeta che traduce (sin dall’adolescenza) dal latino, dal tedesco e dall’inglese e che, intanto, cerca la direzione della propria strada; che indaga le infinite possibilità della prosodia, del ritmo, della musicalità del verso, mediante uno studio costante, profondo ossessivo e maniacale della lingua greca (che apprende quasi da autodidatta), alla ricerca di una membrana stilistica che rivesta la sua arte e che si riveli di volta in volta in “racconto lungo” (Paesi Tuoi) o nella narrazione filosofica (Dialoghi con Leucò), che diventi poesia apparentemente pura, ma che al contempo possieda la contaminazione derivante dalle letture di opere e autori del passato e del presente. Un poeta che traduce liriche, nel rispetto della versificazione originaria, ma anche nella estemporaneità della scelta e del gesto, non sempre legato a committenze precise e orientato alla ricerca di una propria identità, fino all’approdo alla poesia di Walt Whitman (oggetto-soggetto della sua tesi di laurea).

Riscoprire l’opera poetica di Cesare Pavese

Di Silvestro e Sichera si muovono con prudenza e stretto rigore filologico all’interno del grande universo degli scritti giovanili di Cesare Pavese, dei primi esperimenti, nel groviglio dei diari, appunti, nel tentativo di trovare il sentiero tracciato nel tempo, a partire dalle prime sperimentazioni, fino alla creazione della poesia-racconto, categoria che in Pavese diventa quasi proverbiale: il verso si riversa nella prosa e la prosa nel verso.

Ed è questione di trasparenza formale, forse imparata alla scuola di Whitman, o in quella sorta di costante e continuo apprendistato, durato circa dieci anni, in cui il giovane scrittore esplora tutte le strade, per trovare la propria voce attraverso i molteplici tentativi di succhiare il nettare della lirica antica ed europea. Ed è questione di trasparenza umana, che emerge nella necessità di trattare della vita e della storia di tutti e di ciascuno.

Un corpus monumentale, quindi, carico di suggestioni e di novità. Un atto dovuto e voluto, per cambiare orizzonte di senso, per orientare meglio lo studio e la ricerca dell’opera poetica del vero Cesare Pavese, ben distante dall’immagine trasmessa negli anni dalla vulgata che ha ci ha consegnato un poeta affetto da turgori decadenti, sempre teso a sfogare la sua tristezza e malinconia e gli amori non ricambiati.

Un’opera somma, frutto di intenso e costante lavoro di ricerca ed esplorazione, volta a ri-scoprire l’originalità di un poeta che arriva anche a mettere in atto esperimenti di musicalità del ritmo, di trascrizione di versi  su fogli pentagrammati. E tra le pagine analizzate, ecco affiorare quelle a sfondo erotico (la pornoteca), fino al limite del pubblicabile, fino alla dissacrazione del mito. Pavese è un poeta del corpo, il suoi versi sentono il mondo, lo percepiscono, lo vivono, lo trasmettono. Canta degli ultimi e dei reietti: la sua voce è quella della gente con una attualità che sorprende e sconvolge.

Una opera completa e mastodontica di 1728 pagine che raccoglie tutti i versi del poeta e scrittore piemontese, proponendone anche un nuovo ordinamento: da Lavorare stanca, l’opera d’esordio edita nel 1936, di ritorno dal confino politico a Brancaleone Calabro, fino a Verrà la morte e avrà i tuoi occhi, celebre silloge uscita postuma nel 1951.

Cesare Pavese “dura”, non finisce. La sua poesia è di-versa: il verso diventa narrazione e la narrazione si trasforma in verso, in quel turbinio di emozioni e ricerca costante del ritmo e della musicalità, che danno forma e corpo alla voce dell’origine della vita, che è in tutti e in ciascuno.

Elisa Chiriano