Uno studio rivela che, negli ultimi nove mesi, sono stati 1.500 i libri esclusi dalle biblioteche e aule delle scuole americane.
“Le biblioteche dovrebbero essere aperte a tutti – tranne che ai censori” scriveva John Fitzgerald Kennedy, 35º presidente degli Stati Uniti d’America, dal 1961 al 1963. Chissà cosa avrebbe pensato leggendo la ricerca svolta da Pen America – organizzazione non-profit che si occupa di difendere la libertà d’espressione negli USA – che ha documentato “l’allarmante aumento della censura sui libri nei distretti scolastici di tutto il Paese”.
Dallo studio si apprende che sono 1.500 i testi non più disponibili nelle biblioteche e nelle aule scolastiche delle scuole americane solo negli ultimi nove mesi. A questo dato, vanno aggiunti i numeri provenienti dal rapporto della American Library Association, secondo cui sono stati 729 tentativi di rimozione di materiale da biblioteche, scuole e università nel 2021, portando a 1.597 i tentativi o le rimozioni di libri.
Tra i titoli rimossi il 41% include personaggi neri, il 22% affronta direttamente questioni legate alla razza, il 33% invece temi LGBTQI+. Tutti argomenti particolarmente dibattuti nel Paese, soprattutto a seguito delle decisioni prese in alcuni degli stati a maggioranza repubblicana nei primi mesi dell’anno.
Basti pensare che a gennaio, nel Missouri, il consiglio scolastico della città ha votato per chiedere di ritirare dalle biblioteche delle scuole superiori del distretto il libro L’occhio più azzurro, il primo romanzo della scrittrice Toni Morrison, prima donna nera a vincere il Nobel per la Letteratura nel 1993 e vincitrice di un Pulitzer nel 1988. In Tennessee, il consiglio scolastico ha votato all’unanimità per escludere dal programma di terza media Maus, la graphic novel che racconta la storia di una famiglia di ebrei polacchi sopravvissuti ad Auschwitz, opera del disegnatore americano Art Spiegelman vincitore del Pulitzer nel ‘92.
La motivazione, riportata nel verbale di riunione delle scuole pubbliche della contea, è che Maus è un libro “troppo per adulti” per essere utilizzato nelle scuole, poiché “c’è un linguaggio rozzo e sgradevole”.
È ormai chiaramente visibile l’incrinatura che attraversa il tessuto sociale (e politico) americano, dando vita a una vera e propria battaglia ideologica combattuta da due schieramenti diametralmente opposti. Da un lato, i fervidi sostenitori della necessità di proteggere le nuove generazioni da temi particolarmente delicati, mentre dall’altro, coloro che, come JFK ai suoi tempi, respingono qualsivoglia tipo di censura additandola come un inutile tentativo di cancellare dalla scuola ciò di cui è impregnata la realtà di tutti i giorni.
Di questi ultimi, fa parte Stephanie Hlywak, direttore della comunicazione e del marketing della American Library Association, che ha attaccato duramente i gruppi conservatori in quanto “hanno cercato di togliere dagli scaffali delle scuole e delle biblioteche pubbliche libri che condividessero le storie di persone gay, trans, nere, indigene, persone di colore, immigrati e rifugiati. Ma sappiamo che vietare i libri non farà scomparire queste realtà e queste esperienze vissute, né cancellerà le lotte della nostra nazione per realizzare la vera equità, diversità e inclusione”.
Alexandro Lupis
Foto di Michael Dziedzic da Unsplash