Kawabata Yasunari

Kawabata è quanto mai attuale. Nel mondo grondante di divisione e afflitto dalle piaghe della pandemia, succede che si faccia strada l’impellente desiderio di grazia.

Quando i declamati fatti non creano altro che terrore, a riscaldare l’anima e la mente servono parole cristalline, forti e allo stesso tempo dolci, capaci di esprimere incanto senza cadere in maniera tragica della costruzione artificiosa.

Kawabata e la sua sete d’eleganza

In tale insenatura generata dalla sete di eleganza e buona scrittura s’inserisce l’opera di Kawabata Yasunari. Lo scrittore giapponese è stato insignito del premio Nobel per la letteratura nel 1968 ed è morto suicida a Tokio nel 1972.

Kawabata Koto copertinaIn Koto ovvero i giovani amanti dell’antica città imperiale, libretto uscito in Italia proprio nel 1968, Kawabata descrive con minuzia e delicatezza Kyoto, la città imperiale, i suoi giardini, i profumi dei fiori e i colori pastello dei suoi panorami. In questi disegni tratteggiati con sagacia e puntualità s’incastonano come gemme preziose le vite parallele di due sorelle, Chieko e Naeko. Due gemelle divise in tenerissima età. Le giovani donne sono anime sole che si cercano tra i colori e gli amori che la città imperiale sprigiona. Si stringono l’una all’altra da un legame di sangue inscindibile che neanche l’opposta sorte toccata a ciascuna delle due ha l’ardire di spezzare. L’autore narra questa storia affidandola a una prosa poetica soave e allo stesso tempo prorompente, le cui parole sono in grado di pungolare come punte di cristallo. Dure e fragili.

La bellezza come vittoria stilistica

Kawabata Yasunari mostra al lettore una volta celeste allestita da immagini delicate. In tale spazio può succedere che anche la ripugnanza e il rifiuto assumano una connotazione sacrale. È ciò che avviene in Mille gru e poi nel suo seguito Il disegno del piviere.Kawabata Il disegno del piviere copertina

Un’imperfezione estetica della vecchia macchinatrice Chikako si estende lungo tutto il racconto, da un volume all’altro, come un’ombra che ossessiona il protagonista Kikuji. Nei due brevi romanzi la bellezza è una vittoria stilistica che trascende le vicende narrate. Essa si pone sul piano della forma e del registro linguistico, sempre ricercato ed evocativo. Come accennato, anche le immagini più macabKawabata Mille gru copertinare sono poste al medesimo livello di quelle sublimi. Sono capaci le prime come le seconde di pervadere la narrazione incastrandosi in maniera indelebile nell’immaginario del lettore.

Mille gru si apre con la descrizione della voglia di Chikako. Una descrizione secca, senza eufemismi né dolcezza, esprime il disgusto di Kikuji e aleggia per tutto il racconto confluendo ne Il disegno del piviere. A questa immagine nulla hanno da invidiare per lucidità del tratto descrittivo le differenti bellezze delle due donne amate dal giovane protagonista, Fumiko e Yukiko. Sfuggente la prima, salvifica la seconda. La scelta e la rovina, la salvezza e l’amore sono i dissidi contro i quali Kikuji sarà chiamato a combattere in entrambi i romanzi, sotto le serrate manovre dell’onnipresente Chikako.

Leggere Kawabata Yasunari oggi, immersi in una globalità culturalmente e socialmente lacerata, è come bere dalla coppa della bellezza. Si tratta di un esercizio che mitiga una sete assoluta che, anziché placarsi, diviene via via più intensa.