Recensioni: “La discarica” di Iva Pezuashvili

Attraverso le vicende di una famiglia che tenta di sopravvivere nelle macerie della defunta Unione Sovietica, La discarica dello scrittore georgiano Iva Pezuashvili conquista la statura di romanzo dell’intero popolo caucasico.

È una terra inquieta la Georgia, in equilibrio fra un passato “scomodo” e un futuro tutto da decifrare, fino anche da immaginare. Dal disfacimento dell’Unione Sovietica e quindi della Repubblica socialista sovietica di Georgia, madre della odierna Georgia, il Paese del Caucaso – così come gli altri vicini della regione montuosa che si allunga dal Mar Nero al Mar Caspio – è un fuoco che arde sotto cenere, nazione di paradossi e contrasti dovuti a una popolazione che non è riuscita ancora a definire una propria identità.

Una terra in costruzione, ricca di contraddizioni e senza dubbio poco conosciuta in Occidente, in quell’Europa in cui una grande fetta di georgiani vorrebbe identificarsi, che però negli ultimi anni sta rosicchiando un considerevole spazio nella letteratura grazie a una nuova generazione di scrittori georgiani che sta raccontando, attraverso romanzi sovente in buona parte autobiografici, la storia del Paese di Medea, di Ilia Chavchavadze e di Stalin.

La narrativa contemporanea georgiana

Scrittrici come Nana Ekvtimishvili che col suo primo romanzo, Il campo delle pere, è entrata nella longlist del Booker Prize 2021, e come Nino Haratischwili, autrice dei successi L’ottava vita (per Brilka) e La luce che manca che le sono valsi l’ingresso nel gotha delle voci più importanti del Caucaso. In questa selezione che non può ritenersi esaustiva citiamo anche i meno giovani Mikho Mossulishvili, Nunu Geladze e Levan Berdzenišvili, autore, quest’ultimo, de La santa tenebra, una narrazione caustica degli orrori del sistema Gulag.

Uno degli autori emergenti della letteratura georgiana contemporanea è Iva Pezuashvili, classe ’90, approdato quest’estate in Italia con La discarica, romanzo pubblicato da Voland con la traduzione di Ruska Jorjoliani, anche lei di origine georgiana e da anni trasferita in Italia, autrice nel 2020, sempre per la casa editrice di via Emanuele Filiberto in Roma, di Tre vivi, tre morti.

La Georgia post-sovietica di Iva Pezuashvili

Ne La discarica – suo secondo romanzo, tradotto e pubblicato anche in Francia e in Grecia, con cui si è aggiudicato nel 2022 il Premio dell’Unione Europea per la Letteratura – Iva Pezuashvili presenta una critica aspra, senza esitazioni e filtri, della società post-sovietica e, allo stesso tempo, della spasmodica e impacciata occidentalizzazione scattata, quasi come una reazione fisica, proprio con la dissoluzione dell’Unione Sovietica, evento da cui derivano l’incertezza e lo spaesamento che dagli ultimi quattro decenni distinguono l’area del Caucaso.

La complicata cancellazione del passato, la nascita di nuove classi sociali e, anche attraverso l’isolamento delle minoranze locali, la perdita di quell’identità residua frutto di secoli di intrecci fra popoli e culture – autentico patrimonio socioculturale dissipato –, hanno creato nella “palude infernale” del Caucaso terreno fertile per esportare tutti i virus dell’Occidente in decomposizione del nostro tempo: le nuove forme di prostituzione sociali ipocritamente tollerate, la costruzione di vite finte, indirizzate alla sola apparenza, che affollano le piattaforme sociali, “luoghi” sempre più di individualismi e sempre meno di socialità, la sfiducia nella giustizia e nelle istituzioni, la corsa all’omologazione a nuovi modelli, generatori soltanto di invidia, rabbia e rancore, la totale perdita di punti di riferimento delle giovani generazioni.

E proprio in questo contesto, e più precisamente a Tbilisi, “città lasciata dai morti in eredità ai morti”, capitale di una Georgia paralizzata nella sua immaturità, alla ricerca frenetica di una forma propria e, come afferma Jorjoliani nella nota che chiude il volume, di “un proprio posto nella carta fisica o metafisica del mondo”, si agitano smarrite le esistenze di Gheno, Mila, Lazare e Zema, membri di una famiglia lacerata che prova a sopravvivere fra le macerie lasciate dal crollo dell’URSS.

In tempi senza sogni e senza verità, nauseati dal tanfo della discarica di valori e ideali recondita nelle fondamenta del Paese, Mila, moglie trascurata di Gheno, prova a riprendere in mano i suoi sentimenti, le sue esigenze, a costruire un secondo, ultimo tempo della sua vita, sfidando l’incontrastabile decadimento del suo corpo e, di più, i suoi incerti sensi di colpa.

Ancora più decaduto, sbriciolato come i palazzoni sovietici che, sfibrati come le ideologie con le quali erano stati eretti, occupano gli spazi di ogni periferia di quello che era il blocco orientale, è Gheno, eroe nazionale negletto, perfetto “relitto del naufragio dell’Unione Sovietica”, spezzato dagli eventi che hanno travolto il Caucaso nei decenni conclusivi del Novecento, un uomo “che nella vita aveva visto più di quanto avrebbe dovuto vedere”.

Il romanzo di un intero popolo

Partendo dagli avvenimenti storici della Georgia dalla perestrojka e dalla glasnost in avanti, Iva Pezuashvili firma “un importante documento storico e generazionale”, glossa la traduttrice, e, in buona sostanza, un romanzo dell’intero popolo caucasico, dando la giusta considerazione anche ai vicini e travagliati destini delle altre entità del Caucaso del Sud: Armenia e Azerbaigian, Abcasia, Ossezia del Sud e Nagorno Karabakh, con i loro scontri, le loro ferite, la loro continua, discordante ricerca di una pace, concetto sempre in bilico in questa irrequieta e ignorata regione dell’Eurasia.

Antonio Pagliuso