Recensioni: “Il campo delle pere” di Nana Ekvtimishvili

Approda in Italia, grazie a Voland e alla traduzione di Ruska Jorjoliani, Il campo delle pere, caso letterario a opera della regista e scrittrice georgiana Nana Ekvtimishvili.

In un quartiere della piatta e grigiastra periferia di Tbilisi, appena passata dall’essere centro principale della Repubblica socialista sovietica di Georgia a essere capitale della nuova Georgia indipendente, c’è una via; si chiama via Kerč, come la città della Crimea affacciata sul Mar Nero, già colonia greca col nome di Panticapea, che fu teatro nel 1942 di una sanguinosa battaglia tra nazisti e Armata Rossa che fece contare tra gli sconfitti sovietici centinaia di migliaia di vittime e prigionieri di guerra. 

I ragazzi abbandonati del Convitto di via Kerč

Lungo via Kerč si trova il Convitto per bambini con disabilità mentali, un casermone di stampo sovietico conosciuto localmente come la Scuola dei ritardati. All’interno di quella che è una scuola-orfanotrofio dai muri mangiati dal tempo e impregnati di puzza di grasso e gas e dalle porte tappezzate di cuoio sbrindellato dalle coltellate, vivono bambini e ragazzi non precisamente con problemi cognitivi o fisici, ma che non hanno famiglia, che sono stati abbandonati da chi li ha messi al mondo.

Tra di loro la veterana è Lela, figura centrale nel romanzo di Ekvtimishvili, una ragazza che non ricorda come sia finita lì, quando vi è entrata e da chi vi è stata lasciata. Ha un carattere spigoloso Lela, aggressivo e diffidente, ma protettivo verso i ragazzi più piccoli. Protettiva, proprio lei che è terrorizzata dal contatto fisico, financo di essere presa per mano, di ricevere un gesto d’affetto comunque raro nell’istituto.

I silenzi de Il campo delle pere

Attorno alla Scuola dei ritardati c’è poi un vasto campo in cui crescono dei peri dai rami lunghissimi e dai “tronchi tozzi, robusti e nerboruti”. Alberi abbandonati – pure loro –, ché il campo, perennemente impregnato d’acqua, rappresenta una costola del Convitto, luogo – si scoprirà presto – di violenze, di oblio e di silenzio. Dal campo delle pere che dà il titolo all’opera e da tutte le storie che circolano su quell’appezzamento i ragazzi del Convitto preferiscono tenersi alla larga.

“In quel momento l’afferra la sensazione che i peri siano in grado di agguantarla e scaraventarla a terra, che il suo corpo possa sprofondare nel suolo melmoso, che le radici possano coprirla, inghiottirla per sempre.”

Una nuova vita oltre la Scuola dei ritardati

Lela ha da poco compiuto diciott’anni epperò potrebbe lasciare l’istituto per tentare di costruirsi una vita altrove. Ma non lo fa, non sa dove andare, non sa cosa fare e preferisce aiutare le matricole, i nuovi negletti, quelli che resteranno invischiati per sempre nel micromondo del Convitto e quelli che forse riusciranno a uscirne, un giorno.

Perché qualcuno è risorto una volta lasciate “le mura pestifere del Convitto di via Kerč” ed è questa la speranza che, sullo sfondo, nutrono i giovani ospiti della struttura. Lela ricorda i ragazzi che sono riusciti a farsi una vita, come gli “eroi” Kiril e Ira, che grazie alla loro brillantezza hanno proseguito gli studi alla facoltà di Legge cittadina. Storie che assumono un’aura mitica tra Lela e i suoi compagni. La giovane ricorda anche quelli che non ce l’hanno fatta, gli ex studenti di cui si sono perse le tracce poco dopo l’uscita dalla Scuola e l’ingresso nella società.

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Portandoci a diretto contatto con le regole non scritte del Convitto, le sue meschinità, ingiustizie e i suoi fragili equilibri, Nana Ekvtimishvili ricostruisce una realtà inghiottita dal nuovo mondo tecnologico dimentico delle macerie residue del cosiddetto Secolo breve; ne Il campo delle pere – selezionato al Booker Prize 2021 – conquistano la scena generazioni di bambini rimaste dietro le quinte della storia, perdute in quell’area transcaucasica da sempre al centro di conflitti etnici e dispute territoriali alimentati dalle ingerenze esterne e dagli interessi economici di chi ignora financo la collocazione geografica di determinati Paesi.

Antonio Pagliuso