Recensioni: “L’affaire Casati Stampa” di Davide Amante

Edito da DMA Books, L’affaire Casati Stampa di Davide Amante racconta, in una maniera mai così garbata, uno dei casi più intricati e pruriginosi della cronaca italiana.

Era il 30 agosto 1970 quando l’estate italiana, oramai avviata alla sua conclusione, venne scossa da un clamoroso delitto. In un bel palazzo di via Giacomo Puccini a Roma, a poca distanza dalla via Veneto che fu della dolce vita, si compì quello che passerà alla storia come il duplice omicidio e suicidio Casati Stampa. Protagonisti di questa vicenda furono il marchese Camillo Casati Stampa di Soncino, sua moglie Anna Fallarino e un giovanotto di nome Massimo Minorenti. Tutti e tre caduti sotto i colpi del fucile del marchese: un delitto passionale, chiaro a tutti fin dalle prime battute, ma che nascondeva un sostrato inimmaginabile.

Chi erano i marchesi Casati Stampa?

Camillo Casati Stampa e sua moglie Anna si erano sposati nel 1959, poco dopo il loro primo folgorante incontro. La coppia amava viaggiare e soggiornare nelle molteplici tenute del marchese, inclusa un’isola tutta per sé (Virginia Woolf scansati, direbbero i giovani), la disabitata isola Zannone, nell’arcipelago delle Pontine, che il Casati Stampa aveva regalato alla consorte, così, per vezzo, siccome il fioraio aveva terminato i mazzi di rose e gli orecchini del gioielliere di fiducia non soddisfacevano i gusti eccezionali del nobiluomo.

Tra le pagine del libro, Davide Amante racconta la vita da sogno della coppia, sempre in viaggio, mai assente a un evento mondano, oltre la routine matrimoniale. Un luccichio che nascondeva, però, delle turbe, come l’animo inquieto e insoddisfatto del marchese e, soprattutto, una sua passione oltremodo morbosa: il candaulesimo.

Cos’è il candaulesimo? Semplicemente la fantasia di provare eccitazione sessuale nel vedere il partner allacciato al corpo di un’altra persona. Ma il marchese Casati Stampa non era un candaulista come gli altri; il nobile associava questa a un’altra sua forte passione: quella per la fotografia. Camillo Casati Stampa amava fotografare la sua signora tra le lenzuola assieme ad altri uomini – spesso anche con una polaroid cosicché potessero guardare i bollenti scatti nell’immediato; inoltre, da appassionato cacciatore, si impegnava personalmente nella caccia agli amanti per la sua donna: solitamente giovani marinai, vitelloni o ragazzi di vita, atletici, abbronzati e “costretti” dal marchese, in cambio di qualche foglio da diecimila lire – che passavano dalle tasche gonfie di Camillo a quelle rattoppate dei giovanotti, è chiaro –, a unirsi in un amplesso con la marchesa. Marchesa, di origini tutt’altro che nobili e fuggita anni prima dalle difficoltà della provincia del Sud – e il volume si concentra anche su alcuni aspetti della giovinezza della donna –, che non era affatto una brutta signora, anzi, era bellissima: mora, fisico statuario, occhi di fuoco; Anna Fallarino è stata anche una delle pioniere della mastoplastica additiva in Italia. Una bellezza a dir poco prorompente.

In questo intricato ménage c’era soltanto una condizione che la donna era chiamata a rispettare: non doveva mai innamorarsi di uno di quei guaglioni raccattati dal coniuge per appagare le sue perversioni.

“Lei era disposta a fare qualsiasi cosa lui le chiedesse di fare e lui aveva un costante bisogno di metterla alla prova. Ma le posso assicurare che quello che ho visto fra loro era vero amore […] Avevano un rapporto eccezionale, brillante. Stavano bene insieme, almeno fino a quando lei ha deciso di non tornare più da lui e tradirlo.”

Inevitabilmente, il gioco finì in tragedia con l’innamoramento della marchesa per uno dei suoi amanti che portò ai colpi di fucile di quella sera di fine agosto di oltre mezzo secolo fa.

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Ne L’affaire Casati Stampa, Davide Amante, romanzando in parte la vicenda, ne ricostruisce i risvolti più cupi, riuscendo a narrare con garbo e lucidità una storia aggrovigliata e morbosa come poche. L’autore cerca di smontare alcune esagerazioni create dalla stampa per riportare l’affaire alla semplice tristezza di un amore che finisce: “Il torbido era solo nella mente di chi li descriveva”.

Il libro è in gara al 40° Premio Comisso, le cui finaliste saranno scelte entro il prossimo 12 giugno. La premiazione finale avverrà, invece, il 2 ottobre.