Sono due esistenze artistiche e dunque tragiche quelle raccontate da Emanuele Trevi in Due vite (Neri Pozza), tra i selezionati per il Premio Strega 2021.
“Viviamo due vite, entrambe destinate a finire. La prima è la vita fisica, fatta di sangue e respiro, la seconda è quella che si svolge nella mente di chi ci ha voluto bene. E quando anche l’ultima persona che ci ha conosciuto da vicino muore, ebbene, allora davvero noi ci dissolviamo, evaporiamo, e inizia la grande e interminabile festa del Nulla, dove gli aculei della mancanza non possono più pungere nessuno.”
Sono due esistenze artistiche e dunque tragiche quelle raccontate da Emanuele Trevi nella sua ultima opera edita Neri Pozza dal titolo Due vite; le vite di due scrittori e amici morti prematuramente. Rocco Carbone, un nome con un che di geologico, di ancestrale, come il luogo in cui è cresciuto, Cosoleto, ai piedi dell’inespugnabile Aspromonte. Appassionato di semiotica dei testi letterari, un vero scienziato della letteratura, ma anche un uomo severo con se stesso, che conservava dentro sé un alone di infelicità, qualcosa di simile a un “fastidio di vivere”. E poi c’è Pia Pera, nome parimenti memorabile di una donna sensibile, facile a cedere alle illusioni e assai suscettibile. Studiosa di letteratura russa e traduttrice di opere di Puškin, Lermontov e Čechov.
Due persone unite da una fine triste e insensata: Rocco Carbone è deceduto nel 2008 a quarantasei anni a causa di un incidente in motorino, dinanzi alla statua di Scanderbeg di piazza Albania in Roma, l’eroe albanese molto celebrato nella natia Calabria; Pia Pera è morta nel 2016 a sessant’anni, falcidiata dalla Sla nel rigoglioso podere nei pressi di Lucca in cui si era ritirata.
Già segnalato (proposto da Francesco Piccolo) per il Premio Strega 2021 e tra quelli più accreditati – seppur a noi il libro appaia sì bello, ma un po’ “leggerino” – per entrare nella dozzina finale che sarà decisa in primavera, Due vite è un memoir in cui Trevi prova, attraverso una prosa assolutamente ispirata, a spiegare e a spiegarsi il senso della vita e quindi della morte. Ricorda la sua amicizia con i due sfortunati protagonisti della biografia, dalle serate trascorse assieme per le vie della Capitale ai giorni di un tempo in cui le notizie, anche le più clamorose, passavano di bocca in bocca, lentamente, ai piccoli rimorsi che bussano alle pareti della testa quando ormai è troppo tardi per rimediare. Storia di un’amicizia vera, rara, ingombrante, senza la corruzione dell’Eros che troppo facilmente si insinua tra esseri umani di sesso opposto.
Due vite è un doloroso omaggio a due autori dei quali ci sembra giusto, in conclusione, citare almeno una opera. Per Rocco Carbone L’apparizione (Mondadori, 2002, poi Castelvecchi, 2018), una storia di illusioni, “un mondo interiore che va in frantumi” e fa ritorno alla realtà. Per Pia Pera il particolare Diario di Lo (Marsilio, 1995, poi Ponte alle Grazie, 2018), riscrittura di Lolita di Vladimir Nabokov dal punto di vista di Dolores, la Lolita “luce della mia vita, fuoco dei miei lombi” del vecchio professore Humbert Humbert.
Con una scrittura pulita, financo perfetta, come un “bisogno disperato” di raccontare che non ci permette il minimo errore, Emanuele Trevi rispolvera il filo che lega tre autori e amici, Rocco Carbone, Pia Pera ed Emanuele Trevi, racconciato da quest’ultimo in un libro delicato che di vite, in fondo, ne racconta non due, ma tre. O meglio, perlomeno tre.
Antonio Pagliuso