Dopo lunghi decenni sono tornati in Italia Orfeo e le Sirene, gruppo scultoreo in terracotta di origine greca, datato IV secolo a.C, trafugato negli anni settanta da un sito archeologico di Taranto e successivamente acquistato ed esposto dal Paul Getty Museum di Malibu, Stati Uniti d’America.
L’opera di enorme valore – circa otto milioni di dollari – è stata condotta nell’Aula Ottagona del Museo Nazionale Romano, dove ha sede il nuovo Museo dell’Arte Salvata, al termine di una complessa operazione investigativa che ha visti coinvolti il Reparto operativo tutela Patrimonio Culturale dell’Arma dei Carabinieri, la Procura della Repubblica di Taranto e gli organi americani del District Attorney’s Office di Manhattan e dello Homeland Security Investigations.
Uno straordinario recupero
“Uno dei recuperi più importanti di sempre, nella storia dei Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale e nella storia d’Italia” sostiene il generale di brigata dell’Arma Roberto Riccardi, comandante dei Carabinieri TPC.
Il gruppo scultoreo tornerà a Taranto
Orfeo e le Sirene saranno visitabili al Museo dell’Arte Salvata – luogo della cultura aperto lo scorso giugno come porto sicuro per le opere d’arte trafugate, disperse, vendute o esportate in maniera illegale – dal 18 settembre al 15 ottobre. Dopodiché il complesso scultoreo sarà trasferito definitivamente al Museo archeologico di Taranto dove ha sede anche la Soprintendenza nazionale per il patrimonio culturale subacqueo.
“Un recupero straordinario di un capolavoro unico dell’arte greca del IV sec. a.C., scavato clandestinamente nel territorio di Taranto” ha affermato Massimo Osanna, direttore generale Musei. “Ed è proprio al Marta di Taranto che tornerà.”
Inoltre, assieme a Orfeo e le Sirene sono rientrati nel nostro Paese altri centoquarantuno beni recuperati negli Stati Uniti, databili tra il 2500 a.C. e il 500 d.C. e risalenti alle civiltà romana, etrusca, apula e magnogreca. Altri cinquantotto oggetti culturali faranno ritorno in Italia nei prossimi mesi.
Antonio Pagliuso
Foto di Emanuele Antonio Minerva e Agnese Sbaffi per Ministero della Cultura