Recensioni: “Breve storia della letteratura gialla” di Eleonora Carta

Cosa possiamo intendere oggi per giallo? Una letteratura a tutti gli effetti o una paraletteratura, qualcosa di impuro, non equiparabile alla “vera” narrativa? Ne parla Eleonora Carta nel suo saggio Breve storia della letteratura gialla (edito Graphe.it).

Ricco di interrogativi, ma anche di risposte è Breve storia della letteratura gialla di Eleonora Carta. La scrittrice sarda, autrice già di romanzi per Newton Compton e Piemme (Piani inclinati è la sua ultima fatica), comincia il suo lavoro dalle basi, spiegando perché il giallo si chiama così e specificando che assume questo nome soltanto in Italia – ché nel mondo il genere è chiamato in altri modi: Kriminalroman in Germania, roman policier o noir in Francia, crime, thriller o mistery, in base alle sfumature della trama, in Gran Bretagna e Stati Uniti d’America.

Da dove trae le origini il termine? Il giallo italiano nasce praticamente per caso quando nel 1929 la Mondadori diede vita a una nuova collana con il romanzo La strana morte del signor Benson di S. S. Van Dine. La copertina del volume era colorata di giallo, una scelta che finì per identificare la collana mondadoriana e l’intero genere, diventando in poco tempo anche sinonimo di mistero.

Il giallo è letteratura?

Si dibatte presto di genere nel saggio di Carta. Il giallo è una letteratura di genere, quindi non considerabile narrativa pura? E perché nasce questo interrogativo destinato ancora a far discutere? Forse a causa della linearità delle trame gialle, aperte sempre con una scena del crimine, proseguite con l’indagine a opera dell’eroe di turno e concluse con la risoluzione del caso e la consegna dell’omicida alla giustizia? Forse per via della minore libertà rispetto alla narrativa classica, con regole più stringenti, più ragione, più scienza, elementi che si fondono però con l’imprevedibilità propria del giallo, ché senza di quella che giallo sarebbe?

“È il ricorrere di questa formula a relegare per alcuni il romanzo giallo in una categoria inferiore a quella del romanzo «puro»?”

Eleonora Carta ha chiara la risposta. No, il romanzo giallo ha pari dignità degli altri romanzi perché anche l’autore di gialli, come tutti gli scrittori, deve essere in possesso di grandi qualità come la perspicacia, l’inventiva, la fantasia e lo stile narrativo.

D’altra parte il poeta e premio Nobel per la Letteratura Thomas Stearns Eliot diceva che “ogni scrittore deve qualcosa a Sherlock Holmes” e quindi al suo inventore, il celebre giallista Arthur Conan Doyle.

L’autrice si focalizza quindi sugli autori che hanno caratterizzato il genere – ops! il filone giallo –, partendo dal fondatore Edgar Allan Poe, un autore che decisamente non può essere relegato alla “etichettatura di autore di genere”, e dal suo I delitti della Rue Morgue, pubblicato la prima volta nel 1841 e universalmente riconosciuto come il primo romanzo giallo della storia della letteratura. È Poe l’“ispiratore per chiunque si accosti alla scrittura di un giallo”, è lui ad aver indicato una nuova strada alla letteratura, quella del surreale, dell’insensato, dell’imprevedibile.

Eleonora Carta ricorda le regole del buon giallo

Ma quali sono le regole classiche – spesso trasgredite, e pure con successo – del giallo? Eleonora Carta elenca alcune delle regole definite da Van Dine: conditio sine qua non è che ci sia un morto, uno e un solo poliziotto o investigatore e uno e un solo colpevole, isolato, non facente parte di una qualche organizzazione criminale. Importante, poi, che l’autore del giallo non ordisca sotterfugi ai danni del lettore, ma che attui una operazione di “fair play”, facendo sì che la soluzione finale del caso possa essere verificata andando a ritroso nelle pagine del libro. No, infine, a storie d’amore, inutili divagazioni poetiche ed esagerate analisi introspettive.

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Al termine della lettura di Breve storia della letteratura gialla – libro vincitore del premio Giuseppe Lippi per la Saggistica Gialla al Festival “La Provincia in Giallo” – saremo sicuramente d’accordo con l’autrice, ché forse l’unico distinguo che differenzia il giallo da tutto il resto è che il giallo, questa sfumatura narrativa che per funzionare deve funzionare “come un congegno a orologeria”, si scrive al contrario, partendo dalla soluzione.

Antonio Pagliuso