Il viaggio di Enrica è un percorso a ritroso che ha l’ardire di guardare avanti. In Diario di una trans (Aoidos editore, 2021), i suoi passi cuciono il passato con l’avvenire, i dubbi con la speranza. Si tratta di un quaderno personale che parla della sua transizione, ma in realtà accoglie tutti coloro che si sentono nel posto sbagliato.
Enrica sta vivendo tutte le età nelle quali non è potuta entrare pienamente. È nata insieme ad Enrico, non come gemelli, bensì proprio nello stesso corpo. Come qualcosa di sbagliato. Enrica ha visto crescere Enrico gridandogli dentro l’inadeguatezza di quella loro esistenza. Enrico schiacciava sul suolo un passo dietro l’altro nel vano tentativo di sopire quella voce, non cogliendone appieno il dolore pur essendone lacerato.
Nascere in un sesso che non corrisponde al proprio genere non è come avere un vestito sbagliato. Se sei donna e nasci in un corpo di uomo, l’abito è l’ultima cosa ad essere sbagliata. Sono sbagliati i peli che iniziano a spuntare ispidi, sono sbagliate le mestruazioni che non arriveranno mai, il pomo d’Adamo che ingrossa, la voce che diventa più profonda, gli organi genitali. A essere sbagliate sono le parole udite, quelle imposte, qelle scelte per conformarsi al proprio corpo, al sesso che gli altri vedono. A ciò che dicono i documenti.
Sono nata femmina, non nel senso biologico del termine, ma nel suo significato più intrinseco e profondo: sono femmina nel modo in cui parlo, ragiono, nel modo in cui mi muovo, cammino, nel modo in cui parlo, gesticolo, piango, urlo, rido. Sono femmina in tutto: nella mia essenza, in ogni mia goccia. Sono femmina come l’acqua. Questo è ciò che sono. Questo è ciò che voglio essere. E mi dispiace di averci messo tanto tempo per capirlo.
A partire dalle difficoltà culturali e psicologiche affrontate per accettare e far accettare l’Enrica genuina, quella che fin dalla nascita ha dovuto cedere il passo a Enrico, la Scielzo narra una storia di cui si sentiva il bisogno. Soprattutto in una società in cui l’immaginario comune lega la transessualità alla prostituzione e alla perversione. Si avverte infatti un vuoto narrativo nel quale Diario di una trans s’inserisce a pieno titolo gettando luce lì dove l’ipocrisia tenta di mantenere buio e silenzio.
Eppure non so dire se diventare trans per me sia stato un salto nel buio, perché “salto nel buio” ha una connotazione negativa, di tenebre, di oscurità. Per me diventare trans è stato più che altro un salto nella luce perché, a parità di incognita, è circondato da una sensazione di amore, di pace e di speranza.
È luce la rinascita di Enrica nella stessa clinica in cui era venuto al mondo Enrico: lì lo saluta per sempre in un marzo inondato di primavere.
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In Italia la disforia di genere non è considerata una malattia mentale solo dal 2019. L’adeguamento di genere, ossia il processo di completa transizione, è un percorso costoso e solo parziamente sostenuto dallo Stato. Il percorso inizia gradualmente e non può prescindere da un’approfondita perizia psichiatrica e psicologica: il transgender che decide di diventare transessuale dovrà avere gli strumenti per fronteggiare non solo i propri cambiamenti, ma anche un contesto sociale immaturo. È innegabile che pregiudizi e stereotipi possono minare la serenità della transizione.
Il problema non è tanto la distinzione, quanto il fatto che ad alcuni vengano negati dei diritti rispetto agli altri. […] Odio la gente che dice “Siamo tutti uguali”. Ma chi l’ha detto? Siamo tutti diversi, e meno male! Io, purtroppo, tra le tante etichette che potrei avere non vanto quella del politically correct, e penso che a volte sia bello poter dire: “Sì, non sono come te e ne sono orgoglioso!”.
La transizione non è uno step facile da superare. Enrica Scielzo ha dalla sua l’appoggio di una famiglia sana e di amici sinceri, tuttavia sono sostegni sui quali non tutti i trans possono contare. Il giudizio è sempre dietro l’angolo, col suo dito puntato e il suo orecchio sordo. Diario di una trans è quindi anche un volano che consente al lettore di andare oltre. È una lettura smeplice, senza pretese, con la forza di arrivare a tutti. Queste pagine testimoniano una conquista. Enrica Scielzo grida con prorompenza che essere trans è una vittoria. Lo è essere sé stessi, sempre.
Questo non è solo il diario di una trans. In un certo senso, credo che questo sia anche il diario di tutti: di chiunque si sia sentito sbagliato, di chiunque abbia pensato di non farcela e poi invece ce l’ha fatta. Io non racconto la storia di un uomo che è diventato donna, ma di una donna che ha preso in mano la sua vita e ne ha fatto ciò che voleva.