Recensioni: “Elogio dell’ebraismo” di Raffaele Mantegazza

Elogio dell’ebraismo di Raffaele Mantegazza (Fefè Editore) non è un semplice scritto di lode, ma una ricerca acuta che esalta tutte le peculiarità della religione trattata, dalle tradizioni allo stile e in particolare, ciò da cui l’autore è particolarmente attratto, ovvero la pedagogia della resistenza, intesa come capacità di adattamento e cambiamento al dominio dei tempi.

L’autore riflette sull’ipotesi di educare alla resistenza: la resistenza al dolore, all’intolleranza, agli abusi e a ogni genere di orrore che si infligge a un essere vivente per neutralizzarne l’identità di persona, pensiero, cultura e religione. Estrapolare dal pensiero e dalla storia della dottrina ebraica la capacità di resistenza che si palesa fortemente nella storia di questa cultura, mantenendo intatte le nostre identità.

Mantegazza si avvicina all’identità ebraica non perché gli è stato trasmesso da riti familiari o religiosi, bensì per la sua appassionata ricerca che, attraverso studi e personaggi come Primo Levi e Elie Wiesel, gli rendono una nuova coscienza identificativa e nuovo spunto per una innovativa espressione di pensiero e per una forma di dignità e identità attraverso una differente pedagogia educativa.

“E quanto anche il non capire sia un capire, un mettersi umilmente in viaggio attraverso gli intricati sentieri di una cultura millenaria?”

Mettersi in viaggio, una metafora appropriata al senso della vita, che rappresenta il nostro viaggio: un’opportunità di metamorfosi e rinascita continua e le nostre impronte saranno dettate dai nostri comportamenti, tracce di noi degne di essere trovate.

Questo è il viaggio in cui ci conduce Raffaele Mantegazza in Elogio dell’ebraismo; il viaggio in una cultura millenaria con la delicatezza di non esprimere giudizi ma di indurre a riflessioni pertinenti la travolgente e impetuosa forza delle tradizioni e dei suoi riti e la sorte avversa e distruttiva che ha dovuto subire il popolo ebraico. Il dolore come forza motrice verso il bene e non ulteriore dolore e sofferenza, una capacità di rinascita positiva che lascia intatta l’identità morale, con un ulteriore sviluppo spirituale sempre più profondo e forte.

Il pensiero della salvezza sblocca dall’ancoraggio del male e della sofferenza aprendo a nuove prospettive di liberazione e crescita: distaccarsi dalla sofferenza del male per la propria salvezza. Una forma di educazione nuova che si basa sul concetto del buon esempio, del gesto da ripetere, il gesto educativo che si rifletterà dal singolo al gruppo. E si fa riferimento alla filogenesi secondo il pensiero di Freud: la memoria del singolo che caratterizza come un’onda tutti coloro che abbraccia direttamente o indirettamente. Siamo un po’ tutti come il blocco di marmo per Michelangelo, la statua è già lì, bisogna solo tirarla fuori.

Simona Trunzo