Christa Wolf Il cielo diviso recensione

Il cielo diviso di Christa Wolf, ovvero amarsi con la Storia contro, racconta di un amore, di due scelte, di Rita e Manfred. Si tratta della vicenda di due ragazzi davanti a una Storia più grande. Due speranze. Due ambizioni. Racconta di un amore calato in due Germanie. Un Paese diviso, un cielo diviso con alle spalle un recente passato da dimenticare, sotto gli occhi invece un presente da decifrare.

Rita e Manfred dunque s’innamorano sullo sfondo di una Storia invadente, una Storia contro. La scrittura di Christa Wolf volteggia con lucida delicatezza tra le emozioni dei protagonisti coniugandole di volta in volta ai mutamenti e alle lacerazioni che li circondano.

A questo punto sarà opportuno proseguire per gradi. Alla luce di tutti gli stravolgimenti storici, si corre il rischio di perdere l’esatta contestualizzazione de Il cielo diviso. A essere divisa è la Germania: una divisione politica e amministrativa che, dal 1961, diviene anche fisica. Un muro eretto in fretta isola Berlino ovest, sotto il controllo degli Alleati, da Berlino est e dal resto della DDR, che è a sua volta posta sotto il controllo sovietico.

Il cielo diviso esce nel 1975 (arriva in Italia nel 1983 per i tipi di edizioni e/o). Circa un trentennio è trascorso dalla fine della guerra e dalla separazione delle due Germanie. Tant’è che quel cielo diviso non sta ad indicare solo i sogni e le speranze di Rita e Manfred, esso rappresenta altresì la frattura di un progetto comune. Il cielo diviso è la biforcazione innanzi alla quale per una quarantina d’anni i tedeschi sono stati chiamati a riflettere. E con loro anche noi altri. Rita e Manfred non hanno mai conosciuto un cielo unico sotto il quale amarsi e sognare. La divisione che hanno vissuto sulla propria pelle è divenuto un sentire congenito che ha influenzato (o contaminato) in maniera irreversibile i rispettivi sguardi.

Con tratto schietto e preciso, Christa Wolf ha marcato due caratteri paralleli, mai convergenti. Rita corre lungo la sua giovinezza, soffre trasformando il dolore in forza silenziosa. La ragazza abbraccia il sogno dell’uomo nuovo, della modernità produttiva. Cede all’organizzata struttura del lavoro di stampo sovietico, plasmando i propri desideri alle esigenze della collettività.

“Rita intuiva di varcare solo adesso la soglia della vera età adulta, di metter piede in un territorio in cui soltanto il risultato decideva dell’uomo, non la sua buona volontà, e nemmeno i suoi sforzi, se restavano inadeguati. Contro il rigore di una vita simile, lei si ribellava.” 

La corsa di Manfred è altrettanto ardua, ma procede lungo un tragitto inverso. Il giovane ambisce all’ignoto e alla promessi di libertà.

“Come ho potuto pensare che nella vita sia possibile sostituire con altre cose la facoltà di essere felice o infelice? Com’è mai possibile abituarsi all’indifferenza?”

L’amore non soccombe, pur subendo violenti scossoni. Si rialza, germoglia tra le scelte di Rita e Manfred. Non li giudica. Li osserva. E si divide. Con esso si divide il lettore, avvolto in un romanticismo travolgente e al contempo incomprensibile. Al lui, al lettore, si chiede una lettura presbite, scevra di pregiudizi.

“A poco a poco, le luci giù si spensero, poi toccò alle stelle lassù; da ultimo impallidì la luna, dinanzi al mattino rosso-grigio. Si rimisero allora insieme alla finestra. Soffiava il vento. Scorsero dall’alto un piccolo lembo di città, alcuni alberi e una striscia di fiume emergere lentamente dalla notte. Anch’essi emersero dalla notte. Si guardarono e sorrisero.” 

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Rita e Manfred anelano a una crescita, a un miglioramento. Desiderano l’approdo a un mondo di equilibri avendo conosciuto solo divisione. Il futuro per entrambi e il rispettivo sguardo verso l’alto: vedono le stesse stelle, tuttavia il bagliore indica vie differenti.

“Ci abituiamo di nuovo a dormire tranquilli. Viviamo senza risparmiarci, come se ce ne fosse anche troppa di questa strana sostanza ch’è la vita, come se non dovesse avere mai fine.”

Daniela Lucia