Anja Boato “Madame Matrioska” di Anja Boato

Madame Matrioska di Anja Boato (Accento Edizioni) è un romanzo dalla cadenza caleidoscopica, perché così come il caleidoscopio crea una molteplicità di strutture simmetriche, così la narrazione ha un effetto consequenziale, da un capitolo al successivo, da un personaggio all’altro, in una molteplicità di eventi interconnessi in un unico intreccio. Mentre l’attenzione del lettore è volta a intuire la trama di un personaggio eccolo essere travolto in nuovo vortice che si collega al precedente, ma con nuova e totale sceneggiatura differente.

Anja Boato in modo apparentemente leggero e rasente l’ironia più subdola, tratta temi che sembrano non intrecciarsi con la vita della maggioranza delle persone, ma di una rilevanza non indifferente. Da un capitolo al successivo c’è un elemento che fa da testimone, stile staffetta, che collega l’uno all’altro, proprio come nello stile del corridore, con un ritmo veloce e vortiginoso per raggiungere il traguardo nel minor tempo possibile. Ma qual è il simbolo che caratterizza il testimone della staffetta di questo romanzo? La disperazione.

La disperazione, intesa come male dell’anima, una disperazione psichica e morale che trafigge e offusca la persona più equilibrata, una perdita di controllo che fa cadere negli abissi più oscuri, pensiero azioni emozioni: una perdita totale della lucidità che contraddistingue il quieto vivere. Come si preannuncia questo male, o meglio: si preannuncia? Qual è il primo stato ad abbandonarci e quanta importanza ha in questo processo lo stato di perdita di “speranza”? Cosa racchiude questa parola di così determinante?

La speranza è uno stato di attesa fiduciosa riposta in ciò che riserva il futuro, in una prospettiva favorevole e positiva. Quando viene meno questo stato si comincia a essere inermi e passivi agli eventi, alle emozioni, alle azioni. Tutto scorre e niente resta. L’inibizione all’azione con conseguente annientamento di sé, privi di istinti, di motivazione e volontà. Uno stato che si scontra con l’incapacità di empatia e osservazione delle persone circostanti, chiuse nelle loro barriere di preconcetti e visioni di vita che nulla concerne con la realtà.
Interessante la scelta dell’autrice di associare alla disperazione dei vari personaggi caratteristiche che ne dipingono in modo dettagliato ciò che emerge dalla descrizione di una quotidianità squallida, violenta o misera, o di una lucidità rasente la follia.

“Ora che sono finalmente libera di essere chi voglio non ho niente da fare. Il giorno uno penserò a come cavarmela per il resto della mia vita, ma ora voglio solo non essere niente.”

Il giorno uno, mentre la vita precedente è scandita dalla numerazione dei giorni passati che delineano il lasso di tempo dedicato al lavoro, alla famiglia, al tempo libero. Una volontà di rinascere dal fallimento di una vita costruita in modo artefatto che ha talmente falsato l’identità della protagonista da non sapere più qual è il suo pensiero, identità o forza motrice, una mancanza tale da desiderare di tornare a essere inquadrata nella quotidianità precedente. Una situazione fallimentare incorporata e aggravata dalla mancanza di volontà di ristabilire un contatto con sé stessi, la ricerca più difficile e il cammino più tortuoso che si possa affrontare nella vita.

Oppure la speranza innocente di una bambina che spera di salvare il padre da uno stato di malattia da cui non sa riprendersi, la piccola determinata si avventura nella ricerca di un fiore sacro, unica aspettativa di salvezza per il genitore. Ma sarà la fuga stessa e quindi la scomparsa della bambina a far rinsavire il padre: pervaso dalla preoccupazione della scomparsa della figlia rianimerà il suo animo a nuova vita.

Ma la disperazione non ha limiti, avanza a briglie sciolte, ne è vittima uno dei personaggi, che come unica via di fuga troverà elemento di liberazione il suicidio. Suicidio: “si intende l’atto con il quale una persona si procura deliberatamente la morte”. Impensabile che qualcuno possa raggiungere una sofferenza tale da ideare e programmare la propria morte per sentirsi libere da ciò che li affligge.

Perché leggere questo romanzo di Anja Boato: perché nell’alternanza e contrapposizione degli aspetti più occulti e dolorosi dell’animo che impregna la vita di alcuni, si palesa in contrapposizione una superficialità quasi stupida di chi incrocia le vite dei precedenti e ne resta illeso, proprio perché superficiali e ottusi. Due pensieri e modi di essere paralleli e contrari che segnano le vite dei personaggi del racconto e dell’importanza, talune volte di come una semplice comparsa possa essere determinante nelle trame della vita di un protagonista.

Simona Trunzo