“Un uomo solo”, Antonio Iovane racconta l’ultimo giorno di Luigi Tenco

Pubblicato da Mondadori nella collana Strade blu, Un uomo solo è il nuovo volume di Antonio Iovane che racconta l’ultimo giorno di Luigi Tenco a cinquantacinque anni dal suicidio che sconvolse il Festival di Sanremo del 1967.

Festival di Sanremo. È una edizione che si preannuncia scoppiettante quella del 1967, mentre in Europa si accende la miccia della rivoluzione giovanile e studentesca del ’68 e degli anni seguenti.

E “rivoluzionario” è il termine che viene utilizzato dalla stampa per descrivere il festival dedicato alla canzone italiana che sta per cominciare. Al salone delle feste del Casinò della città ligure l’atmosfera è elettrica; sul palco si alternerà il meglio della musica italiana del tempo: Edoardo Vianello, Claudio Villa, Iva Zanicchi, Domenico Modugno, Little Tony, Bobby Solo, Giorgio Gaber, Lucio Dalla, Ornella Vanoni. Una lista di livello assoluto in cui compare anche il nome di Luigi Tenco.

Conosciuto più come autore che come interprete, l’artista nato a Cassine, provincia di Alessandria, il 21 marzo 1938 è all’esordio alla kermesse musicale sanremese ed è intenzionato a sfruttare la circostanza per farsi conoscere dal grande pubblico e trasmettere le sue idee che – lo riconosce lui per primo – non riflettono in toto quelle del festival. Si sente un rivoluzionario, Luigi Tenco, con le sue canzoni vuole invertire la rotta di un sistema oramai deviato. Si illude di poterci riuscire.

Ciao amore, ciao, l’ultima esibizione di Luigi Tenco

Il 26 gennaio 1967 si presenta a Sanremo con il brano Ciao amore, ciao da interpretare a turno con Dalida – il format dell’epoca prevedeva che ogni canzone fosse presentata da due diversi interpreti abbinati –, cantante italofrancese con la quale i giornali scandalistici vogliono che Tenco abbia una liaison.

Ciao amore, ciao è un brano che parla di emigranti, di problematiche sociali, di amori finiti. La canzone non convince però la giuria ed è subito esclusa dalla competizione. Sul giudizio, in vero, incide molto la interpretazione traballante di Luigi Tenco. Il cantautore è nervoso, alternato dall’alcol – prima dell’esibizione ha ingollato una grappa alle pere –, va fuori tempo, urla anziché cantare; insomma, stupisce in negativo sia il pubblico, sia Dalida – “Così mi rovina la canzone”, si dispera la donna dietro le quinte – e pure Mike Bongiorno, conduttore della rassegna.

Il suicidio, un atto di protesta contro il sistema

Tenco e Dalida sono eliminati dalla gara, ma l’uomo non ci sta. Furioso, abbandona il Casinò e torna al suo albergo, l’Hotel Savoy. Si barrica all’interno della stanza numero 219 da dove telefona alla sua fidanzata confidandole che l’indomani avrebbe denunciato “fatti che vanno ben al di là della manifestazione” – la frase allude forse a un giro di scommesse clandestine che avrebbe riguardato il festival.

Qualche ora dopo, attorno alle due del 27 gennaio, Luigi Tenco verrà ritrovato cadavere.

“Io ho voluto bene al pubblico italiano e gli ho dedicato inutilmente cinque anni della mia vita. Faccio questo non perché sono stanco della vita (tutt’altro) ma come atto di protesta contro un pubblico che manda Io, tu e le rose in finale e una commissione che seleziona La Rivoluzione. Spero che serva a chiarire le idee a qualcuno. Ciao. Luigi.”

Questo il biglietto che, prima di uccidersi con un colpo di revolver, Tenco lascia ai posteri. L’artista lascia trasparire tutta la sua frustrazione, aggredendo direttamente l’organizzazione della kermesse, Orietta Berti e Les Compagnons de la Chanson, interpreti de Io, tu e le rose, e Gianni Pettenati e Gene Pitney, dapprima eliminati come Tenco e Dalida, ma poi ripescati col brano La rivoluzione.

Antonio Iovane ricostruisce il complesso mondo interiore di Tenco

In Un uomo solo, Antonio Iovane ricostruisce minuziosamente le ultime ore di vita di Luigi Tenco, dall’arrivo al Casinò di Sanremo al momento in cui viene trovato morto nella sua camera d’albergo da Dalida e Lucio Dalla.

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Tra le pagine del volume, il giornalista e autore di podcast si concentra anche sulle prime indagini sgangherate, ma l’autore non volge a un’analisi sul suicidio di Tenco o a riproporre fumose ipotesi circa un possibile omicidio – tesi che in maniera ciclica si è continuamente appalesata negli anni, non abbandonando mai il caso –; l’intento di Antonio Iovane è quello di raccontare le contraddizioni e i demoni attorno e dentro il cantautore, la sua solitudine, il suo sentirsi diverso, il buio dell’anima che nessuno può vedere, condizioni che lo hanno condotto a quel gesto estremo di cinquantacinque anni fa che ha segnato per sempre la storia del Festival della canzone italiana.

Antonio Pagliuso