Cultura sotto attacco: la strage di via dei Georgofili

Era la notte a cavallo tra il 26 e il 27 maggio 1993 quando Cosa nostra colpì al cuore Firenze, culla delle arti, facendo esplodere un’autobomba – carica di quasi duecentottanta chili di tritolo – in via dei Georgofili. I bersagli da colpire erano i vicinissimi Galleria degli Uffizi e Corridoio Vasariano. “Un’offesa all’umanità” la definì il magistrato Gabriele Chelazzi.

Un episodio che nacque in un contesto che aveva visto inasprirsi le norme che regolavano la legge del 41 bis, impedendo ai detenuti qualsiasi comunicazione con l’esterno. La mafia rispose adottando la strategia stragista come strumento di pressione sul governo, colpendo lo Stato attraverso la distruzione dei beni culturali.

“Possiamo distruggere i capolavori artistici dell’Italia”, questo era il messaggio. Praticamente come i nazisti di mezzo secolo prima.

La mafia aggredisce il patrimonio culturale

Tra i muri lesionati, la polvere e l’incredulità del mondo intero, molte opere della Galleria degli Uffizi andarono perdute e circa il 25% del patrimonio artistico presentò danni – fortunatamente i dipinti più noti furono salvati dal vetro di protezione. Preziosi documenti, sculture (circa una cinquantina quelle che subirono danni devastanti), centosettantatré dipinti quali: L’Adorazione dei pastori di Gherardo delle Notti, Grande cervo in una palude di Edwin Landseer, Concerto musicale e I giocatori di carte di Bartolomeo Manfredi (la seconda tela fu ridotta in mille pezzi ed è un miracolo, dopo avanzati interventi di restauro, rivederla ancora esposta nel museo).

Le vittime della strage di via dei Georgofili

Perdute per sempre nella strage di via dei Georgofili furono cinque vite. A causa della fortissima deflagrazione e del crollo della Torre de’ Pulci, sede dell’Accademia dei Georgofili, morirono lo studente universitario Dario Capolicchio e la famiglia Nencioni: papà Fabrizio, mamma Angela e le due bambine Nadia, di nove anni, e Caterina, di appena cinquanta giorni. Più di quaranta, inoltre, furono i feriti.

Tra le macerie del palazzo emerse un tesoro: i versi scritti dalla piccola poetessa Nadia tre giorni prima di morire.

“Il pomeriggio
se ne va
il tramonto si avvicina
un momento stupendo
il sole sta andando via (a letto)
è già sera, tutto è finito.”

Cultura sotto attacco: la strage di via dei Georgofili
Foto Emanuela Stella

Le altre stragi dopo via dei Georgofili

Nell’attentato di via dei Georgofili subirono gravi danni anche Palazzo Vecchio e la Chiesa di Santo Stefano al Ponte. Stessa finalità e stesso modus operandi adottati poco tempo dopo, nella notte tra il 27 e 28 luglio dello stesso 1993, per gli attentati alla Galleria d’arte moderna e al Padiglione d’arte contemporanea a Milano (cinque morti e dodici feriti) e alle chiese romane di San Giorgio al Velabro e San Giovanni in Laterano (ventidue feriti), replica dei mandanti al pontefice Giovanni Paolo II che il precedente 9 maggio alla Valle dei Templi aveva gridato ai mafiosi il celebre: “Convertitevi! Un giorno verrà il giudizio di Dio”.

La ricostruzione dopo l’attentato e il ricordo 

La risposta alla volontà di distruzione e di incutere sgomento da parte di Cosa nostra fu il grande impegno civico di tutti i cittadini per salvare l’immenso patrimonio artistico. La rapida ricostruzione fu simbolo della resistenza e della rinascita davanti allo stupro della becera ignoranza mafiosa. Oggi, a ricordo della strage, troviamo in via dei Georgofili L’albero della Pace, un monumento in bronzo dello scultore Andrea Roggi, che rappresenta la ricostruzione partendo dalle radici. Le brutture si combattono con la bellezza.

albero della pace strage di via dei Georgofili
Foto Emanuela Stella

Come ha scritto Sciascia ne Gli zii di Sicilia, “Io credo nel mistero delle parole e che le parole possano diventare vita, destino; così come diventano bellezza”. Firenze ricorda con le parole affidate al poeta fiorentino Mario Luzi la volontà di scendere in campo, di vincere con i lumi il buio della malvagità:

“Sia detta per te, Firenze,
questa nuda implorazione.
Si levi sui tuoi morti,
sulle tue molte macerie,
sui tuoi molti
visibili e invisibili tesori
lesi nella materia,
offesi nell’essenza,
sulle tue umili miserie
ferma, questa preghiera
I santi della tua storia
e gli altri, tutti,
della innumerabile corona
la portino in alto,
le soffino spirito e potenza,
ne cingano d’assedio
le stelle, i cieli,
le superne stanze:
giustizia non ti negare
al desiderio degli uomini,
scendi in campo, abbi la tua vittoria”.

Ché ricordare vuol dire raccontare, costruire archivi nella memoria di grandi e piccini, vuol dire generare la consapevolezza che la cultura può salvarci dal terrore, dalle miserie, dall’oscurità.

Recentemente è stato pubblicato da Libreria Editrice Fiorentina un libro per tenere vivo il ricordo della strage dal titolo 27 maggio 1993. Per non dimenticare realizzato dall’Associazione tra i familiari delle vittime della strage di via dei Georgofili col contributo di Fondazione CR Firenze.

Emanuela Stella

I giocatori di carte di Bartolomeo Manfredi foto di Sailko – Opera propria condivisa via Wikipedia con licenza CC BY 3.0