razzia dei libri ebraici

Alla fine del 1943 migliaia di libri vengono depredati dal Collegio rabbinico italiano e dalla Biblioteca della comunità ebraica da parte delle forze naziste. È la grande razzia dei libri ebraici di Roma. Tantissimi preziosi volumi di quello che era tra i più importanti patrimoni librari d’Europa non sono stati più ritrovati.

Autunno 1943. Nonostante la caduta del Fascismo e l’armistizio dell’8 settembre non si placa la furia nazista e italiana contro gli ebrei e la loro cultura.

Nell’Italia in gran parte occupata dai tedeschi, architetti e padroni della neonata Repubblica Sociale Italiana, viene messa in atto la sistematica razzia dei libri ebraici: circa venticinquemila sono i libri prelevati durante il saccheggio del Collegio rabbinico italiano e della Biblioteca della comunità ebraica di Roma siti nella sinagoga della Capitale. Un patrimonio tra i più ricchi della Vecchia Europa che comprende, oltre a rarissimi incunaboli, pergamene e cinquecentine stampate a Lublino, Cracovia e Costantinopoli, anche esemplari unici che non sono stati più rivisti.

I volumi confiscati, come ha riportato Dario Tedeschi (1929-2018), già consigliere dell’Unione delle comunità ebraiche, “erano prevalentemente scritti in ebraico e riguardavano, non soltanto argomenti strettamente religiosi, filosofici e cabalistici, ma anche di altra natura”.

Dalle leggi razziali alla razzia dei libri ebraici del ‘43

L’attacco culturale alla comunità ebraica in Italia era già cominciato nel 1938 con l’emanazione delle leggi razziali antiebraiche, divulgate col supporto di riviste ad hoc come il famoso quindicinale La difesa della razza e che avevano già ridotto all’osso le libertà del popolo “giudeo”.

Uomini e donne privati dei diritti civili, espulsi dal Paese, dalle scuole, dagli uffici della pubblica amministrazione. Un processo di repressione che prosegue ancora nel gennaio 1944 quando gli ebrei romani subiscono la confisca dei beni mobili e immobili – ma anche di averi poveri come abiti e utensili – per finanziare le casse vuote della Repubblica di Salò.

Studiare il sapere del nemico

Ritorniamo al saccheggio dei libri ebraici di Roma del 1943. La espoliazione del patrimonio bibliografico ebraico si consuma in due tempi, tra ottobre e dicembre di quell’anno. Razzie simili erano già avvenute nelle biblioteche ebraiche di Salonicco e Minsk e coincidevano con il rastrellamento dei ghetti e la deportazione di migliaia di ebrei nei campi di concentramento polacchi e tedeschi.

I volumi razziati nelle biblioteche romane vengono trasportati in Germania, con buone probabilità ma senza alcuna certezza alla Biblioteca di Francoforte sul Meno, centro principale in cui giungevano tutti i beni culturali depredati nel continente.

L’obiettivo delle forze naziste è quello di studiare il nemico che intendono sterminare, scoprire tra le centinaia di migliaia di pagine i segreti della cultura ebraica per rubarne, dunque, il sapere.

Il sogno del Museo del Führer

Non soltanto libri: anche quadri, sculture e altre opere d’arte vengono dirottate in Germania, allineandosi all’interesse del Terzo Reich di fare convergere tutto il patrimonio culturale europeo in pochi centri. Nota utopia del cancelliere Adolf Hitler era anche quella di aprire a Linz – oggi popolosa città dell’Austria, ma allora, a seguito dell’Anschluss, sotto controllo tedesco – il Führermuseum, il più ricco museo del mondo.

Parimenti agli altri diabolici sogni di Hitler, anche quello relativo al museo più grande del pianeta sarà annullato. La Seconda guerra mondiale si concluderà con la sconfitta della Germania e delle altre potenze dell’Asse, Italia in primis.

Libri ritrovati e libri spariti nel nulla

Terminato il conflitto bellico, circa seimila tra i volumi della grande razzia di Roma (in specie appartenenti al Collegio rabbinico italiano) saranno ritrovati in Germania – nel deposito archivistico di Offenbach – e restituiti all’Italia.

La quasi totalità del patrimonio librario della Biblioteca ebraica, invece, è andata perduta, nonostante le ricerche non si siano mai fermate. È probabile che la biblioteca non sia stata distrutta e neppure dispersa sul mercato; più plausibile è che si trovi in mano a un unico soggetto/ente privato. Qualcuno che forse non è neppure a conoscenza del tesoro nelle sue mani.

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Alcuni preziosi libri depredati nell’autunno del ’43 e poi recuperati, oggi sono conservati a Roma, nelle sale dell’Archivio storico della comunità ebraica “Giancarlo Spizzichino”, dichiarato nel 1981 sito di notevole interesse storico.

Antonio Pagliuso

Foto da librari.beniculturali.it