“Massime e pensieri di Napoleone”, il generale francese secondo Balzac

Il 5 maggio di 200 anni fa, moriva nell’esilio di Sant’Elena Napoleone, l’uomo che per un ventennio fu il padrone dell’Europa intera. Sellerio lo ricorda con la ripubblicazione di un libro con le massime e i pensieri del generale corso raccolti da Honoré de Balzac.

“Tutto ei provò: la gloria
Maggior dopo il periglio,
La fuga e la vittoria,
La reggia e il tristo esiglio:
Due volte nella polvere,
Due volte sull’altar.”

Il 5 maggio 1821, esattamente duecento anni fa, moriva nella Longwood House dell’esilio di Sant’Elena, isolotto sperduto in mezzo all’Oceano Atlantico, distante dalla più vicina costa africana quasi duemila chilometri, Napoleone Bonaparte, il grande condottiero francese che segnò il corso dell’Ottocento, tra gli uomini più importanti del suo secolo. 

Grande corso e Piccolo caporale, due soprannomi in contrasto tra loro per un uomo geniale, onnipotente, dotato di un ego spaventoso, tradito dalla sua stessa sconfinata ambizione, attitudine che non permette mai, all’uomo di genio, di capire quando sia il momento di fermarsi, quando basta così.

Ascesa e declino di Napoleone

Dal marzo 1796 con la prima Campagna d’Italia alla disfatta, divenuta col tempo antonomastica, di Waterloo del 18 giugno 1815: in neppure vent’anni Napoleone Bonaparte conquistò tutto, “dall’Alpi alle Piramidi, dal Manzanarre al Reno” come ci ricorda Alessandro Manzoni nella sua celebre ode dal titolo Il cinque maggio.

Nella sua trionfale ascesa, però, “l’uom fatale” di errori e rovinose débâcle ne aveva avute altre prima di Waterloo: esempio più lampante fu la disastrosa campagna di Russia (1812), male organizzata e ancora peggio portata avanti, con Napoleone che, determinato e vanaglorioso fino all’eccesso, non capì di dover desistere neppure al termine della carneficina di Borodino – circa ottantamila, tra morti e feriti totali –, scontro campale della campagna, magistralmente descritto da Lev Tolstoj in Guerra e pace; il Grande corso non arrestò la sua disordinata avanzata fino alla conclusiva battaglia della Beresina, momento in cui l’infallibile (vero, Adolf?) tattica russa della Terra bruciata aveva già decretato la sconfitta dell’Armata napoleonica. Dei seicentomila uomini al servizio di Napoleone tornarono dalla Russia soltanto in sedicimila: un disastro che costò la morte, politica, anche del generale, come sostiene a ragion veduta Corrado Augias nell’articolo sul Bonaparte pubblicato il 1° maggio su “Robinson”.

Ma d’altronde lo stesso condottiero asseverava che “chi si abbandona al dolore senza resistenza o si uccide per evitarlo abbandona il campo di battaglia prima di aver vinto”, magari confidando estremamente in quella fortuna che, sempre come affermava il mitico imperatore dei francesi, essendo donna, non andava lasciata sfuggire, altrimenti non la si sarebbe ritrovata mai più.

200 anni morte Napoleone
Napoleone a Mosca devastata dall’incendio. Fotografia di Viktor Mazurovsky di pubblico dominio condivisa via Wikipedia

L’esilio di Napoleone

I frenetici mesi d’esilio sull’isola d’Elba (maggio 1814 – febbraio 1815) precedettero la fine di Napoleone Bonaparte a Waterloo, preludio dell’esilio in mezzo all’Atlantico. A Sant’Elena, nel suo carcere, d’acqua non era la sola quarta parete, come fu più di un secolo dopo per Cesare Pavese nel confino di Brancaleone Calabro, ma tutte e quattro: un ergastolo oceanico ordito dal Regno Unito, la perfida Albione, e che durò fino al fatale 5 maggio 1821, giorno della sua morte.

Le massime e pensieri di quello che per poco meno di un ventennio fu il padrone dell’Europa sono state raccolte dal romanziere francese Honoré de Balzac, oggi ripubblicate, a cura di Carlo Carlino, in un elegantissimo libriccino da Sellerio in occasione dei 200 anni dalla morte del grande generale francese.

Massime e pensieri di Napoleone raccoglie tutte le frasi pronunciate o attribuite, talora in maniera fantasiosa, a Napoleone e ne delinea il noto profilo di protervia, indifferenza e impassibilità dinanzi a ogni avversario o destino, anche se l’intento di Balzac, che nato nel 1799 assistette da bambino alle imprese del Piccolo caporale, pare essere quello di tracciarne, più che la biografia, il mito travolgente, la sua epica.

“L’uomo dà un’impronta alla propria vita solo dominando il proprio carattere o facendosene uno.”

Il libro

«Da sette anni circa – scriveva Balzac nel 1838 –, ogni volta che leggevo un libro in cui si trattava di Napoleone e che trovavo un pensiero sorprendente e nuovo pronunciato da lui, lo trascrivevo subito su un libro di cucina che non abbandonava mai la mia scrivania». Dal libro di cucina questo libro tipicamente balzachiano. Del gran numero di Massime e pensieri di Napoleone, alcuni non sono riportati con piena fedeltà, altri sono di dubbia autenticità, altri ancora infine appartengono quasi certamente alla penna di Balzac stesso. Per cui il Napoleone di queste pagine è decisamente una creatura letteraria. Un Napoleone come lo scrittore l’adorava. Con queste 525 «sue» citazioni Balzac contribuì a costruirne il mito durevole.

A duecento anni dalla morte, il mondo ricorda l’uomo che dettò il passò al XIX secolo, amatissimo, odiatissimo, fonte d’ispirazione e causa di sempre nuove controversie: comunque sia, un uomo impossibile da dimenticare, di certo non uno di quegli uomini “la cui testa sparisce nella folla”, come avrebbe detto nel secolo successivo il suo connazionale Louis-Ferdinand Céline. E di questo, lui, Napoleone, oggi sarebbe contento, sorridendo appena col suo ghigno callido:

“Meglio sarebbe non aver vissuto che non lasciare tracce della propria esistenza”.

Antonio Pagliuso 

Fotografia di Hippolyte Delaroche di pubblico dominio condivisa via Wikipedia