NapoliCittàLibro: siamo pronti per un grande Salone del libro al Sud?

Cosa resta della quinta edizione di NapoliCittàLibro? Per un autentico sviluppo della lettura e dell’editoria al Sud, si può pensare a un unico grande salone del libro di Napoli e quindi di tutto il Mezzogiorno?

È arrivata in porto e ha preso posto in archivio la quinta edizione di NapoliCittàLibro, andata in scena alla Stazione Marittima di Napoli, all’ombra del Maschio Angioino e con bella vista sul Golfo, dal 14 al 16 giugno 2024.

Cosa resta della rassegna che nelle intenzioni e nel sottotitolo vuole essere il Salone del libro e dell’editoria di Napoli – la città più popolosa del Sud – e dunque di tutto il Meridione d’Italia?

Numeri e criticità di NapoliCittàLibro

Organizzato da Alessandro Polidoro e Rosario Bianco, il festival ha accolto centinaia di editori e scrittori – perlopiù fuori dai grandi circuiti del libro – e ospiti internazionali e con l’entusiasmo conferito dai 15.000 visitatori contati nei tre giorni di fiera – come comunicato nella nota conclusiva – pensa già alla prossima edizione. L’impressione lasciata dalla rassegna letteraria partenopea, però, è stata quella di uno spazio potenzialmente molto più tonante di quanto non emerso dalla ultima edizione della kermesse.

Finestra per piccoli editori, autori esordienti e poco conosciuti e per i gruppi di lettura, zoccolo duro dei lettori, mai tantissimi, del Paese, NapoliCittàLibro 2024 è apparso eccessivamente affrancato da un coordinamento generale, gestito, all’interno degli spazi della Stazione Marittima, superata l’accettazione, da un contenuto plotone di giovani volontari, bravi, bravissimi, gentili, gentilissimi, ma, giustamente data la verde età, privi di quella malizia, di quella capacità di risolvere i piccoli problemi e inconvenienti, fisiologici in una manifestazione culturale di dimensioni comunque considerevoli. Di fatti, a una prima occhiata, le giovani braccia di NapoliCittàLibro ci sono sembrate un po’ abbandonate a se stesse, senza una chioccia che indicasse loro la via.

Meglio la luce riflessa di Torino e Roma?

Disertata dai grandi marchi, i giganti dell’editoria italiana, la vetrina napoletana per i piccoli e medi editori è di gran lunga più esclusiva, ma di certo non paragonabile ai numeri del Salone internazionale del libro di Torino e di Più libri più liberi di Roma. Sicché sorge spontaneo l’interrogativo: al netto dei costi certamente differenti, è meglio il pallido raggio di luce che filtra dalle tapparelle abbassate degli editori più noti che dominano i palchi torinesi e romani oppure il posto al sole, esclusivo ma di periferia – editoriale, si capisce – di Napoli? E la domanda vogliamo resti sospesa – ché intendiamo soltanto generare domande e riflessioni – così che possa librarsi per aria e raggiungere altre menti.

Tre fiere del libro sono troppe

Raccogliendo qualche voce fra le sale del Salone, emerge tosto un punto: tre fiere del libro sono considerate troppe a Napoli. Oltre a NapoliCittàLibro, infatti, nella città sotto il Vesuvio si svolgono Ricomincio dai libri (la decima edizione è prevista all’Archivio del capoluogo campano a settembre) e Campania Libri Festival (a Palazzo Reale dal 4 al 6 ottobre prossimi).

Tre manifestazioni dedicate al libro e agli editori percepite come un eccesso per un pubblico non così numeroso, che, nonostante i numeri forniti dalla organizzazione, non ha convinto appieno gli editori ospitati negli stand della Stazione Marittima; e ciononostante le tre giornate del festival siano cadute in un fine settimana del tutto estivo.

Un unico grande salone del libro per il Sud

Per un nuovo reale sviluppo della lettura e dell’editoria nelle regioni del Sud, si potrebbe pensare di fare convergere tutte le forze per dare vita a un unico grande salone del libro di Napoli e quindi di tutto il Meridione? Questo è il pensiero che, pur con poca convinzione, affiora al termine di ogni conversazione con editori o responsabili degli stand presenti alla kermesse di Napoli. Un pensiero che ci piacerebbe di già promuovere ad auspicio e financo a consapevolezza collettiva.

Antonio Pagliuso