Dario Bellezza, il “poète maudit” della poesia italiana scivolato nell’oblio

Voce ardente della poesia italiana, Dario Bellezza – di cui quest’anno ricorrono gli 80 anni dalla nascita – generò attorno a sé un’aura di poeta maledetto che lo accompagnò fino all’ultimo giorno, e anche oltre.

“Ora alla fine della tregua

tutto s’è adempiuto; vecchiaia

chiama morte e so che gioventù

è un lontano ricordo.

Così senza speranza di sapere mai

cosa stato sarei più che poeta

se non m’avesse tanta morte

dentro occluso e divorato,

da me prendo infernale commiato.”

(da Morte segreta)

Poeta dell’oscuro, del sublime. Poeta senza tempo, senza limiti, con tutto se stesso, contro tutto e contro tutti. 80 anni fa nasceva a Roma Dario Bellezza, senza dubbio alcuno nel novero dei maggiori poeti della seconda metà del Novecento, seppur la sua opera sia praticamente scomparsa sia dai cataloghi sia dalle librerie patrii. Amatissimo dai suoi lettori e disprezzato senza indulgenza dai detrattori, l’immagine di Dario Bellezza è assurta ai piani nobili della poesia italiana post mortem, una volta bonificata, affrancatasi dal peso di una vita privata troppo strattonata, come tanto spesso accade ai grandi artisti.

Introdotto da Enzo Siciliano nella cerchia culturale romana nata attorno alla rivista Nuovi argomenti, Dario Bellezza amava i versi di Catullo, Verlaine e Rimbaud – tanto che in molti lo accostavano al poète maudit francese –, non digeriva la poesia della Neoavanguardia e lo stile e la poetica di totem della letteratura come, ad esempio, Cesare Pavese. L’autore romano godeva della stima di Sandro Penna, di Amelia Rosselli e di Pier Paolo Pasolini, e fu proprio il poeta, regista e intellettuale di Casarsa della Delizia a lanciarlo definitivamente, fungendo da pigmalione del poeta in erba.

Dario Bellezza e Pier Paolo Pasolini

Bellezza dapprima è collaboratore di P.P.P., per poi divenirne grande amico, tanto che farà una comparsa anche nel Decameron pasoliniano e, dopo la brutale uccisione sul litorale di Ostia della notte del 2 novembre 1975, si spenderà in articoli e interventi pubblici fino a dedicargli, nell’81, il saggio dal titolo Morte di Pasolini (Mondadori). Nelle pagine del libro, con inesausto coinvolgimento emotivo, consapevole di non potersi liberare del “fantasma di Pasolini”, Bellezza analizzerà i lati più foschi del misterioso omicidio e l’eredità, artistica e ideologica, del poeta.

L’esordio di Dario Bellezza risale a qualche anno prima: è il 1970 quando l’autore, ventiseienne, riesce a dare alle stampe L’innocenza, romanzo breve uscito per i tipi dell’editore pugliese De Donato e impreziosito dalla presentazione di Alberto Moravia. È però con Invettive e licenze, silloge pubblicata da Garzanti nel ’71, che raggiunge un pubblico più ampio; anche grazie al contributo di Pasolini che, per l’occasione, non manca di definirlo “il miglior poeta della nuova generazione”.

La morte come tematica centrale

Vincitore del Premio Gatti, Invettive e licenze è un libro provocatorio e l’uscita scatena un agguerrito dibattito fra chi lo acclama – Siciliano scriverà che “Bellezza sa racchiudere in epigrammi di grazia ellenistica alcuni epigrammi di amorosa emozione” – e chi ne biasima senza riserve il contenuto, considerato funesto e pernicioso. Accoglienza che è indice di una società, anche letteraria, ancora non pronta a certe tematiche.

“Bruciavi d’amore e voluttà

sul tram, nei calzoni scoloriti

dall’estate.

Sull’erba matta dei giardini

di notte e i nostri abbracci.

Noi,

le generazioni sterili per la morte.”

(da Invettive e licenze)

La morte è topos che ritorna sovente nell’opera bellezziana.

“Così è duro vivere, sviluppando i pensieri e intrecciandoli

come coriandoli alla maschera buffa che io sono,

innamorato di non morire mai, neppure per sbaglio

o per far piacere a Madama Morte.”

(da Morte segreta)

La morte, come l’amore e la vita umana e spirituale, è tema vissuto con veemente passione da Bellezza, percorre la sua intera vicenda artistica, profondamente imperniata sulla sfera personale, ovvero l’omosessualità del poeta, mai nascosta, onnipresente nei suoi componimenti, ma mai accettata nel profondo. Diceva: “Io l’omosessualità l’ho vissuta sempre traumaticamente per un fatto sociale, cioè come infrazione a un tabù”.

Sono passati pochi decenni, ma lo stigma sociale e, soprattutto, il peso sul proprio io era assai più gravoso rispetto a oggi, così come era differente l’educazione famigliare e sentimentale e la esternazione e percezione pubblica della diversità.

“Fugace è la giovinezza

un soffio la maturità;

poi avanza tremando

vecchiaia e dura, dura

un’eternità.”

(da Proclama sul fascino)

La poesia e la prosa di Bellezza sono ispirate a temi autobiografici, dall’infanzia all’età adulta, con quel presagio perenne di morte, quell’ombra lunga che pare quasi volere costruire un ponte psicopompo, un contatto ultraterreno con l’aldilà.

Dario Bellezza nel 1971
Dario Bellezza nel 1971. Foto di Massimo Consoli condivisa via Wikipedia con licenza CC BY-SA 2.5 it

L’attività culturale

Con Morte segreta – raccolta di poesie uscita nel 1976 sempre per Garzanti e premiata nello stesso anno col Premio Viareggio – i versi divengono molto più corposi, con una poesia che sembra sul punto di farsi prosa; una raccolta da leggere come “un romanzo che s’insegue poesia dopo poesia”, scrive Fulvio Bianconi nella presentazione della prima edizione del gennaio ’76. Composto in parte da una collezione di componimenti apparsi su riviste letterarie fra il ’71 e il ’75, Morte segreta reca un titolo che testimonia limpidamente la morte privata del poeta, solo quando c’è da creare la poesia, solo quando c’è da affrontare la vita.

“Ritorna primavera, e con essa ritorna gioventù

il gusto alla vita ritorna che l’inverno rese

insapore e fondo di malinconia e pietà per i vivi,

ritornati ad uscire dall’abisso scontento del gelo

di gennaio o del marzo piovoso.”

(da Morte segreta, dedicata a Anna Maria Ortese)

La incessante attività letteraria – sua la traduzione dell’opera omnia del prediletto Rimbaud – è alternata a quella di redattore per diverse riviste e alle frequenti partecipazioni televisive in cui Dario Bellezza interpreta il ruolo dell’intellettuale provocatore – memorabile la lite con Aldo Busi, distinta da picchi intellettuali impensabili nel panorama televisivo odierno, negli studi di Mixer Cultura.

I libri di Dario Bellezza

Fra la fine degli anni ottanta e la prima metà dei novanta, l’ultima frazione della sua vita, si succedono altre pubblicazioni, tappe fondamentali dell’opera di Bellezza: L’amore felice (Rusconi, 1986, in gara al Premio Strega 1987), Serpenta (Mondadori, 1987), Libro di poesia (Garzanti, 1990), L’avversario (Mondadori, 1994, raccolta che riceve il Premio Montale) e Testamento di sangue.

Edito nel 1992 da Garzanti con dedica a Pasolini e a Penna, Testamento di sangue è un poema drammatico in sette scene che lascia riflettere sul ruolo della poesia nel presente e su quale potrebbe essere il suo futuro, un viaggio in cui il lettore è guidato dalle incorporee maschere del Poeta, del Ragazzo, del Servo, del Terrorista e, immancabilmente, della Morte.

La morte e l’eredità mancata

E la morte attende l’ultima pubblicazione, il romanzo Notte col diavolo, in concorso allo Strega 1995, prima di sopraggiungere. È il 31 marzo 1996, a soli cinquantadue anni, Dario Bellezza muore a causa di una broncopolmonite contro cui non possono combattere il corpo e lo spirito del poeta, prosciugati dal virus dell’HIV, malattia che Bellezza aveva provato a curare ricorrendo anche a terapie alternative.

“Il vissuto non ritorna ed è inutile

attaccarsi freneticamente ai ricordi. Vado di là

a prendere un’altra pasticca avvelenata, ma il

sonno non viene. Destino sarebbe che morissi

avvelenato; Tu così non sapresti niente.”

(da Morte segreta)

I funerali religiosi di Dario Bellezza si sono svolti alla Chiesa di Santa Maria in Trastevere. Le spoglie del poeta riposano, assieme ai resti dei genitori Attilio e Ada, in una tomba sobria al cimitero acattolico di Roma, luogo sacro della Capitale dove si trovano i sepolcri di altri poeti e scrittori come Andrea Camilleri, Antonio Gramsci, Carlo Emilio Gadda, Luce D’Eramo, Amelia Rosselli, John Keats e Percy Bysshe Shelley.

“Addio cuori, addio amori / foste i benvenuti, gli adorati / ascoltati meno”, recita l’epigrafe incisa sulla sua tomba.

Recuperare un poeta

Parlare di uno scrittore, ancor più di un poeta talmente raffinato, però non basta; dopo assilla l’urgenza di leggerne l’opera, i libri che purtroppo per Dario Bellezza, così come per altri grandi nomi della letteratura, sono fuori mercato da tempo, rintracciabili soltanto nelle biblioteche e, usati, nei negozi online o sulle cataste, per definizione confuse, delle bancarelle, appassiti dal vento e dal sole.

L’ottantesimo anniversario dalla nascita di Dario Bellezza è cominciato, ma di nuove edizioni dei suoi libri, magari con nuove letture critiche, non se ne intravvede nemmanco l’ombra. Si percepisce soltanto un ronzio fioco: è l’assordante silenzio dell’oblio. Forse alcuni artisti della parola meriterebbero fragori migliori e destini differenti.

Amici e appassionati lettori, però, non hanno dimenticato Dario Bellezza nel corso dei quasi trent’anni dalla prematura scomparsa, perpetuandone il nome anche con degli omaggi: nel 2006 Massimo Consoli, amico storico e fondatore del movimento di liberazione omosessuale italiano, pubblica Diario di un mostro. Omaggio insolito a Dario Bellezza (Anemone Purpurea Editrice); nel 2015 esce alle stampe per Mondadori l’edizione di Tutte le poesie, a cura di Roberto Deidier; nel 2023 Marco Beltrame ne ha ricostruito la teatrografia – il teatro è altra sfumatura della polimorfa produzione letteraria bellezziana, anch’essa non ripubblicata da tempo se non già inedita – nel lavoro di tesi Amore funesto. Il teatro di Dario Bellezza; sempre nello stesso anno i registi Carmen Giardina e Massimiliano Palmese hanno dato alla luce un documentario dal titolo Bellezza, addio, tributo – con testimonianze di Renzo Paris, Elio Pecora, Barbara Alberti, Ninetto Davoli e Nichi Vendola – al poeta, alla sua vita e alla sua opera. Un patrimonio da riscoprire.

Foto di Massimo Consoli condivisa via Wikipedia con licenza CC BY-SA 2.5 it

Antonio Pagliuso