Recensioni: “A Mosca con Majakovskij” di Leonardo Fredduzzi

Leonardo Fredduzzi è autore della guida A Mosca con Majakovskij (Giulio Perrone Editore), alla ricerca dei “brandelli di poeta” dell’artista simbolo del cubofuturismo russo.

“Andare a Mosca. Vendere la casa, piantare tutto, qui, e correre a Mosca!” Così si esprime Irina, una delle Tre sorelle del dramma di Čechov, vagheggiando la città raccontata da Leonardo Fredduzzi nel libro A Mosca con Majakovskij.

L’autore, vicedirettore dell’Istituto di cultura e lingua russa di Roma, compone una guida letteraria dedicata alla capitale della sconfinata nazione eurasiatica.
Principiandone la lettura, però, Fredduzzi ci consiglia di rivolgere il pensiero, seduti sullo zaino, trolley o poltrona che sia, al nostro domovoj, lo spirito protettore della casa e degli affetti, rito imprescindibile e ben augurante di ogni viaggio – e non è importante se sia fisico o letterario.

Comincia così il viaggio nella Mosca degli anni venti del Novecento, una città in costruzione, appena diventata capitale della nuova Unione Sovietica, una città che si presenta come “una grande matrioška, in cui realtà diverse sono al tempo stesso involucro e contenuto”, città diabolica, dove può accadere tutto e il contrario di tutto.

Dalla Cattedrale di San Basilio sulla Piazza Rossa, simbolo della capitale, ai Giardini di Alessandro, da Piazza Puškin al GUM, i Grandi Magazzini di Stato, passando dal mausoleo di Lenin, emblema di quanto in Unione Sovietica anche la morte sia maldigerita, come una sconfitta.

È nella Mosca di quegli anni che Vladimir Majakovskij – nato nel 1893 a Bagdati, Georgia, periferia dell’Impero – si afferma come uno degli artisti più influenti e apprezzati, “distruttore del vecchio mondo e demiurgo del nuovo”, propugnatore di nuove idee e di un inedito modo di concepire l’arte.

Majakovskij che è anche animo inquieto, politicamente, artisticamente e sentimentalmente, con il cuore diviso tra Lili, compagna dell’amico Osip Brik, e Veronika Polonskaja, ultimo amore e prima persona che troverà il suo cadavere nello studio di passaggio Lubjanskij 12, il 14 aprile 1930.

Il poeta suicida veniva raccontato da Boris Pasternak ne Il dottor Živago – sì, sono moltissime le citazioni letterarie contenute nel libro – come la “continuazione di Dostoevskij”, o per meglio dire la rappresentazione poetica dei suoi demoni, dei suoi Ippolit Terent’ev e Rodiòn Raskòl’nikov.

In A Mosca con Majakovskij (pubblicato da Giulio Perrone Editore), Leonardo Fredduzzi racconta gli ultimi tempi del poeta simbolo del cubofuturismo russo, tra i litigi con la Polonskaja, il disfacimento dei suoi progetti teatrali e i pedinamenti dell’NKVD.

Nella guida di Leonardo Fredduzzi si intraprende dunque una caccia allo spirito di Majakovskij, ai suoi “brandelli di poeta”, su e giù per Mosca, da una fermata all’altra della metropolitana – prima tra tutte, chiaramente, la sfavillante Majakovskaja, tra le più belle dell’intera rete metropolitana moscovita che si snoda in 15 linee –, nei luoghi che raccontano l’autore – musei e statue –, ma anche nella letteratura degli altri che ci aiuta a comprendere lui e il periodo storico in cui si mosse.
In A Mosca con Majakovskij, il poeta futurista è, di fatti, in buonissima compagnia: accanto a lui i passi del già citato Pasternak e soprattutto quelli di Michail Bulgakov, i cui Maestro, Margherita, il diavolaccio Woland e il gattone Behemoth si intrecciano alla vicenda esistenziale del protagonista del volume e si uniscono al nostro unanime coro: “A Mosca! A Mosca!”.

Antonio Pagliuso