Recensioni: “Gli stessi occhi” di Francesca Mattei

Il titolo di questa novella di Francesca Mattei dal titolo Gli stessi occhi (edita Zona 42) si apre a più riflessioni, non solo pertinenti al contenuto dello scritto.

L’occhio innanzitutto è un organo di senso che ricava informazioni sull’ambiente circostante e dal punto di vista psicologico e sensoriale assume nuova espressione, diviene la capacità di prendere coscienza di una realtà che si considera esterna a noi, ma anche interna, e nella novella sono un riferimento di riconoscimento identificabile del protagonista. Elliot, infatti, compagno di Edda, improvvisamente subisce una trasformazione che stravolge ogni stabilità emotiva e del quotidiano, in modo repentino e senza possibilità di scelta. Questa nuova situazione porta Edda a una rielaborazione di se stessa in ogni piccola sfaccettatura, dalla prima fase dell’accettazione della nuova realtà al tormento di interrogativi che si susseguono vertiginosamente: dal chiedersi se Elliot in questa sua nuova forma si ricorda di lei, che tipo di percezione ha dell’ambiente circostante e in particolare perché, perché è avvenuto ciò.

Dopo la fase dell’accettazione comincia per Edda una ricerca di studi e approfondimenti per prendere consapevolezza della nuova situazione, quindi un approfondimento scientifico sulla nuova natura di Elliot, avvicinarsi alla sua capacità percettiva, sensoriale e comunicativa, per riuscire a mantenere una relazione costante e reale con il suo amato. Con il passare del tempo la tranquillizza fondamentalmente che Elliot voglia mantenere la loro relazione, non volendosi inserire in quella che è divenuta la sua nuova dimensione: il rapporto con Edda resta unico ed esclusivo.

Edda nel volersi approcciare al nuovo Elliot e volendo creare per lui situazioni di comfort, comincia a riflettere anche sulla loro relazione da un nuovo punto di vista, che si pone oltre la visione del quotidiano, dell’abitudine e di ciò che dai per scontato. Ad esempio, nel voler scoprire quali nuovi pensieri attraversano la mente di Elliot si pone un altro fondamentale interrogativo, ovvero se ha mai veramente percepito e ascoltato i pensieri del suo compagno. In questa fase di costruzione e ricostruzione, comincia a chiedersi la causa della trasformazione: volontaria, ricercata, casuale e fondamentalmente è nata in lui o la causa è stata proprio lei?

In questa continua ricerca della verità l’autrice conduce il lettore in una riflessione: dare per scontato ciò che abbiamo, perdendone il valore aggiunto e la sua essenza, come quando in una relazione di coppia ci si identifica con l’idea di amore che si ha come concetto e non con la persona amata o se stessi.

Interessante la riflessione di Edda, che cerca una nuova forma di comunicazione con Elliot scrivendogli racconti, quando si chiede l’utilità di ciò che scrive, visto che Elliot non ha mai dato importanza alle parole. Si redime subito, quando riaffiora in lei la percezione che ha avuto da ragazza dell’efficacia dei racconti: “Ho visto per la prima volta il tufo e l’ho riconosciuto perché ne avevo letto descrizioni nei libri”.

Nasce così un percorso introspettivo, affiancato alla ricerca per riappropriarsi del rapporto con Elliot in questa sua nuova forma che la conduce a riflessioni e valutazioni mai poste alla sua attenzione.

Il fulcro della novella di Francesca Mattei è il cambiamento o meglio la metamorfosi, che nella novella è intesa in tutte le sue forme, come trasformazione di un essere in una natura diversa e come modificazione funzionale o strutturale di un animale durante lo sviluppo e come cambiamento vistoso comportamentale. Il cambiamento è in corso in qualsiasi istante.

Perché leggere questa novella? La metamorfosi è innata in noi, fa parte della nostra natura, ma è interessante riflettere e soprattutto viverla da un nuovo punto di vista, per poi giungere a una nuova considerazione, quella che si pone Edda: “Quanto scegliamo quello che diventiamo?”

Simona Trunzo