Recensioni: “Tabacco Clan” di Giuseppe Lupo

Cosa succede quando un gruppo di amici, amici da quarant’anni, si ritrova per sugellare l’unione di due dei loro figli? Succede che si scatena un amarcord di ricordi, emozioni e profumo di tabacco, precisamente Tabacco Clan.

“Il Tabacco Clan veniva venduto in bustine rettangolari, ricoperte di cellophane, che riproducevano la scacchiera scozzese di quadratini verdi e rossi. Sotto lo stemma si leggeva AROMATIC e in effetti un profumo indescrivibile ed elegante sorgeva dalla pipa del Vice Capellone. Questo perché, spiegava lui, era una miscela di Black Cavendish, Virginia, Kentucky, Maryland, Perique. Un miscuglio di voci, una babele di provenienze. Esattamente com’eravamo noi.”

L’autore, Giuseppe Lupo, riporta in Tabacco Clan (edito Marsilio) riflessioni sulla amicizia e il contesto culturale e sociale di un fine del secolo dalle grandi opportunità.

I membri del Clan sono tutti maschi, provengono da città diverse, non hanno nomi, ma cariche ufficiali – soprannomi: un Presidente (Pres), un Vicepresidente (Vice Capellone), un Segretario (Alfio Segretario) e gli altri a seguire. Il Clan ha un suo linguaggio, un lessico familiare, il bagaglio del mosaico di esistenze di ogni membro. La regola è di raccontarsi tutto, ma niente argomenti infelici; per questo è stato fondato il Clan: per parlare, fumare sigari e allontanare il buio.

Il Clan nasce, in maniera quasi naturale, in un convitto di Milano, siamo negli anni ’80. Attraversiamo la storia, arriviamo a cavallo del secolo, si cerca di dimenticare le brutture del passato: l’assassinio di Aldo Moro, la strage di Bologna, si vive la vita con spensieratezza tra partite di pallone e musica, si va incontro alla globalizzazione, insieme si cerca di trovare la propria strada e nonostante il tempo e le distanze ci si ritroverà sempre, insieme allo stadio, insieme nelle gioie e nella sincerità pulita e genuina della vera amicizia. A narrare e intessere queste storie di vita è Piccolo Chimico, la memoria del Clan. In fondo, la memoria, è l’unico magazzino dove trovare quello che abbiamo conservato.

Oggi, il Clan è invecchiato: ha una famiglia, un lavoro, forse ha realizzato i propri sogni, o forse no.

“Io so cosa sta pensando. Il fuoco brucia il tabacco, il tabacco è il tempo che si consuma, il fumo contiene le parole che non abbiamo mai detto, le azioni che non abbiamo mai compiuto, i giorni che non abbiamo mai trascorso, le donne che non abbiamo mai incontrato. Ed è così che si attraversano gli strati dell’esistenza: gli anni al pensionato, la laurea, il lavoro, i nostri trent’anni, i quaranta, i cinquanta. Il fumo è la porta delle nostre vite parallele.”

È al Grand Hotel Verbano, sulla sponda piemontese del Lago Maggiore, che ci si ritrova a congresso per il matrimonio tra due figli del Clan: la figlia del Cardinale e il figlio di Piercamuno. Anche il Clan ha bisogno della sua discendenza! Nord e Sud si incontrano tra tradizioni e cibo. E si parte sul treno dei ricordi che porterà il lettore a perdersi tra racconti goliardici e grandi emozioni, sulle verdi colline della memoria.

Emanuela Stella