Il faraone d'Olanda Kader Abdolah

Il faraone d’Olanda, l’ultimo romanzo di Kader Abdolah pubblicato da Iperborea, è la storia di un’amicizia senile, oltre le regole, la malattia e i tempi imposti dalla vita.

Enna lellah en enna elahje radjun, Tutti torniamo al luogo da dove siamo venuti.”

Il protagonista iniziale de Il faraone d’Olanda, il dodicesimo romanzo edito da Iperborea dello scrittore iraniano Kader Abdolah, è Herman Raven, un brillante egittologo olandese con un legame così forte con l’antico mondo egizio da avere adottato uno pseudonimo arabo, Zayed Hawass, col quale lo chiama spesso l’amico di una vita Abdolkarim Qasem, già venditore di lavatrici e ora, sì come Zayed, uomo appassito e solitario che trascorre le giornate leggendo, bevendo tè e innaffiando le piantine dell’orto.

Herman Raven è una istituzione nei Paesi Bassi, in prima fila nei maggiori scavi archeologici condotti in terra d’Egitto, ma il tempo che passa non perdona e l’insigne egittologo sta velocemente dimenticando tutto: non ricorda più il nome di una campagna, di una località, di una scoperta, di un faraone. Eccetto uno, quello della regina Merneith, appartenente alla Prima dinastia dell’Antico Egitto – periodo Protodinastico –, vissuta intorno al 3153 a.C. E lo ricorda perché il sarcofago dell’“Amata del Nilo” si trova nella cantina di casa sua, all’Aia, affacciata sul naviglio; una cantina dipinta come una autentica camera funeraria egizia.

Herman e Abdolkarim si prendono cura della loro regina, ma sanno che i giorni a loro disposizione stanno finendo. Le “due confuse menti senili” sentono avvicinarsi i passi della Morte e così hanno un ultimo obiettivo prima di prendere congedo dal mondo dei vivi. Riportare in patria il prezioso sarcofago.

“Ho dimenticato tutto, ma non te. Prenditi cura di me! Proteggimi da me stesso. Il sarcofago deve tornare in Egitto. Me l’hai promesso.”

Con lo scorrere delle pagine perdono d’importanza le domande, legittime da parte del lettore, circa l’identità della mummia, la sua autenticità e su come faccia a trovarsi all’Aia, nella modesta dimora di un vecchio studioso. Il nocciolo del romanzo si rivela dunque l’amicizia tra i due uomini, un percorso lungo, unico, indirizzato al rispetto di una promessa.

Parte così un conto alla rovescia, coi granelli della clessidra che, fluendo con inarrestabile costanza, cementano il rapporto tra i due vegliardi ritornati bambini, dimentichi di tutto ma non di quello che sono stati l’uno per l’altro.

Una tenera storia di supporto vicendevole, di compassione, passione condivisa, mentre tutto sta volgendo al termine dopo mezzo secolo di amicizia. Un’amicizia indissolubile, cameratista, fatta di cure e sostegno reciproci. Un’amicizia che oltrepassa i tempi tiranni dell’uomo, valica le barriere dell’umana esistenza, calcando anche il tema dell’identità e delle radici, questioni assai care a Kader Abdolah, tra gli scrittori più prolifici e importanti della letteratura mondiale contemporanea, dal 1988 rifugiato politico in Olanda.

Il faraone d’Olanda è un libro sulla finitudine di ogni cosa e sulla lotta contro la scomparsa della memoria, dalle grandi civiltà del mondo antico alle piccole storie di ogni giorno.

Antonio Pagliuso