Recensioni: “Il pappagallo silenzioso” di Bruno Gemelli

La penna arguta – e non silente – di un abile giornalista, Bruno Gemelli; i tipi di una casa editrice, che è eccellenza in Italia e nel mondo, Città del Sole; una poesia di Aldo Palazzeschi, che ben si presta a giochi metaforici e linguistici; undici storie misconosciute, che aspettano di essere ritrovate; una cornice geografica, che tutto sottende e intende, la Calabria.

Bastano cinque elementi per raggiungere un risultato di qualità, per stare sul pezzo. Scrivere è lottare contro l’oblio, riacciuffare il peso delle cose e delle storie, nonostante la coltre della dimenticanza, che puntualmente si annida sulla superficie. Scrivere è scavare e salvare persone e fatti; è mettersi in cammino senza sapere chi sarà il nostro compagno di erranza; è raccontarsi raccontando, perché, come diceva Hannah Arendt, “nessuna vita è così insignificante da non dover essere raccontata”.

Il pappagallo silenzioso diventa così metafora della Calabria, simbolo di una realtà a volte silente, eppur variegata, impregnata di vita vera e di vite nascoste, di passioni e conflitti, di segni e sogni. Bruno Gemelli traccia il cammino, insegna a ricercare con pervicacia, nelle viscere delle vicende, aspetti significativi, che del loro accadimento sembrano non aver lasciato traccia. La memoria richiede un costante allenamento, attinge al passato, ma è proiettata nel futuro, che altro non è se non il segno di un vissuto partecipato e tenuto insieme da una pratica costante, alimentata dallo studio e dalla ricordanza. Il silenzio diventa catalizzatore delle molteplici sfaccettature del dire e del fare. Silenzio… per fare posto alla parola ricercata e appropriata; per ascoltare meglio o per tacere pur avendo visto; per sostare, fermandosi nel tempo e nel dubbio; per chiudere una porta o spalancare un portone; silenzio per fare spazio a tutto e al contrario di tutto.

L’origine eterogenea di queste storie rende superfluo mapparne gli argomenti. Tuttavia mi pare di poter dire, anche con riferimento alla produzione letteraria precedente, che esse costituiscono la caratteristica tipica dello sguardo dell’autore, uno spirito relativizzante che conferma come luogo d’elezione d’indagine la sua terra e che, apparentemente scherzando, costruisce ponti inaspettati fra le microstorie e i grandi avvenimenti dei libri di scuola. (dalla prefazione di Claudio Cavaliere)

Ne Il pappagallo silenzioso Bruno Gemelli regala una nuova nascita a episodi sopiti e paesi nascosti, grazie al vigore, misto a delicatezza, della narrazione. Accompagna il lettore nei vicoli del “borgo amico” di Cicala dove, tra profumi di crespelle e gesti d’amore, chi soffre di demenza può abitare il proprio tempo all’insegna della normalità, ritrovando il gusto di gesti semplici e quotidiani. Tra fonti vecchie e nuove, documenti ingialliti, tracce, frammenti di spazio, ritrova luce anche chi, senza ricorrere alla retorica, ha dato la propria vita per la Patria.

La penna dell’esperto giornalista si incrocia con quella del fine narratore e l’abile indagatore di esistenze esplora microcosmi misconosciuti, in una narrazione che procede in prospettiva diacronica e sincronica. La scrittura diventa esigenza, quando suscita curiose coincidenze o ipotesi suggestive: Andrea Camilleri si è ispirato a Saverio Montalto per dare il nome al commissario Montalbano? La scrittura diventa custode della memoria, quando si occupa dello scontro ferroviario del 19 febbraio 1918 (ignorato persino nell’annuario ufficiale delle Ferrovie dello Stato) in cui una tradotta militare, carica di soldati, che andavano in licenza, si scontrò con un treno merci fermo alla stazione di Pizzo, provocando 42 morti e 150 feriti: salvi in guerra e morti tra i binari.

La scrittura diventa musa, quando canta la bellezza di note divinità, come la cipolla rossa di Tropea, la ‘nduja di Spilinga e il pecorino del Poro e approda a Favelloni di Cessaniti, microcosmo in cui vivono 700 anime, in un habitat in cui “anche i muri parlano” dell’epopea di tonnare e tonnaroti. La scrittura diventa emozione, quando trasmette sensazioni e tradizioni di gente e luoghi, tra memorie e brandelli di tempo; diventa singolare, quando è portatrice di pluralità di volti e storie. La scrittura traccia percorsi ostinati e contrari, quando sceglie sentieri diversi, scardina regole e confini tracciati. La scrittura diventa anche osé e pericolosa, quando osa osare e dare vita a un romanzo a sfondo sessuale con accenti “malavitosi”, scritto da “un aspirante sacerdote”: Il previtocciolo di don Luca Asprea.

Bruno Gemelli ci consegna undici frutti da gustare; undici percorsi da indagare e strade da percorrere; undici perché, fatti di come-quando e dove; undici brevi racconti di essenze ed esistenze, perché… è tutto vero, anche ciò che non sapevamo finora!

Pappagallo silenzioso (di Aldo Palazzeschi)

La bestia ha le piume di tanti colori
che al sole rilucon cangiando.

Su quella finestra egli sta da cent’anni
guardando passare la gente.
Non parla e non canta.

La gente passando si ferma a guardarlo,
si ferma parlando fischiando e cantando,
ei guarda tacendo.

Lo chiama la gente,
ei guarda tacendo.

Elisa Chiriano