Recensioni: “La piccinina” di Silvia Montemurro

L’arte pittorica si intreccia sempre in qualche modo all’arte della scrittura, così come in questo particolare romanzo, La piccinina di Silvia Montemurro, il filo conduttore della trama è tracciato dalla figura di un pittore e delle sue opere che ritraggono momenti fondamentali e personaggi della storia e ancor più, elemento motore della nascita del lavoro stesso dell’autrice, supportata magistralmente dalla casa editrice Edizioni e/o, perché tutto è ispirato dall’opera di Emilio Longoni: La Piscinina.

Milano, prima metà del Novecento, uno sciopero che rappresenta ribellione, richiesta d’aiuto da parte di bambine/ragazze soggiogate al lavoro inteso come sfruttamento minorile, così infimo da nascondere violenze ancora più abbiette come le violenze fisiche e carnali subite dalle piccole. Uno sciopero che per due giorni le afferma, le allontana da quella quotidianità misera e crudele, a cui, nonostante tutto, dovranno far ritorno. Una società fallimentare, un ambiente in cui la donna è svalutata e considerata un oggetto, già nel suo divenire, in famiglie in cui la sottomissione femminile è manifesta in atteggiamenti in cui è umiliata e seviziata a servizio degli altri. Ciò che rende ancor più abominevole questa visione barbarica e animalista delle violenze subite e chi è cieco e sordo a tutto ciò, chi fa finta di non vedere e sentire, vile e doppiamente colpevole nei confronti di bambine/ragazze che non hanno neanche il tempo di comprendere e assumere quel loro passaggio alla femminilità intesa come donna, private di tutto ciò che può essere amore e gioco infantile.

In tutta questa denuncia emerge l’amicizia tra tre ragazzine, un’amicizia segnata da amori, gelosie, rivalità e tradimenti di cui Nora, la protagonista del romanzo di Silvia Montemurro, subirà scelte e pensieri, che inevitabilmente condizioneranno il destino delle tre amiche.

L’amicizia è tra i primi sentimenti che si sperimentano sin da bambini, un elemento di contatto che perdurerà in tutta l’esistenza dell’individuo; da semplici compagni di gioco o, in questo caso legate dal lavoro, complici confidenti punto di riferimento, amici scelti che sostituiscono gli affetti familiari. L’amicizia è un valore ma anche un sentimento. Essa assume un ruolo di essenzialità, condivisione, l’amicizia è un dono che si sviluppa nella realizzazione di sé in modo scambievole e questa comune crescita nel bene reciproco è la base stessa. Nel romanzo si evincono anche i lati meno eletti dell’amicizia messi a nudo dalle tre protagoniste che non si muovono sempre nel rispetto e nel bene comune, ma i loro incontri e le loro confidenze generano comunque una forza comune, un sostegno reciproco di condivisione e supporto che le fa procedere nella loro crescita, anche se motivate da obiettivi diversi.

E ancora Nora che vive il suo senso di emarginazione aggravato dalla sua balbuzie: i suoi pensieri sono chiari e forti, ma il suono e l’emissione delle stesse parole viene meno. Il suo senso di inadeguatezza è sempre più forte, sino a quando dopo lo sciopero, la violenza subita decide di dare una nuova prospettiva alla sua esistenza. Il suo obiettivo, il sogno che potrà salvarla non è più identificata con il raggiungimento del matrimonio, quindi marito figlio casa, ma dalla consapevolezza che l’istruzione può rendere liberi. Il voler porre fine a quello stato di analfabetismo in cui è cresciuta, capire che essere balbuziente non le impedisce di saper leggere e scrivere, creando una sua mappa identitaria emotiva e culturale che le consenta di sviluppare un libero pensiero: questo sarà il mezzo della sua metamorfosi. Questo processo di mutamento è indice di emancipazione, in un quadro in cui le donne lottano per un nuovo ruolo sociale e culturale in cui le decisioni non siano più prerogativa maschile, siamo in un periodo storico in cui la figura del marito decide per la moglie anche a livello burocratico, quindi rompere le catene di un’autorità imposta. Una lotta contro abusi domestici, stupri, molestie sessuali, disuguaglianza di potere e culturale, ovvero violenza di genere fisica e psicologica.

Il romanzo La piccinina diventa un’occasione per sensibilizzare riguardo questa tematica, al fine di prevenire e affrontare, perché ancora sono molti i muri da abbattere. Fondamentale la consapevolezza che l’emancipazione è data dal libero pensiero e dalla formazione e curiosità della conoscenza, un pensiero creativo e una libertà di pensiero autonomo; la vera indipendenza parte dall’istruzione.

Simona Trunzo