Recensioni: “Le Divine delle Belle Époque” di Raffaella Ranise

Moda, costumi, savoir faire, un inarrestabile progresso tecnico e scientifico. Il mito della Belle Époque rivive nelle pagine di Le Divine delle Belle Époque, saggio di Raffaella Ranise pubblicato da Edizioni ETS.

“Un flusso irrefrenabile di vita. E di volontà e di resistenza continua, continua…”

Potremmo prendere questa frase della scrittrice Sibilla Aleramo per tentare di definire quello che fu la Belle Époque a cavallo tra fine Ottocento e inizio Novecento, un’epoca di straordinari cambiamenti sociali: moda, costumi, savoir faire, un inarrestabile progresso tecnico e scientifico.

Il mito della Belle Époque rivive, sublimato da Raffaella Ranise nelle pagine di Le Divine della Belle Époque, saggio pubblicato da Edizioni ETS e realizzato con la collaborazione di Barbara Borsotto.

Le Divine della Belle Époque è un lavoro che omaggia tutte le donne della Belle Époque, quella fase che sì, è conosciuta per il fiorire delle arti e delle scienze – è l’epoca del primo volo dei fratelli Wright, dell’avvento delle automobili, del cinema e della radio, della realizzazione del primo vaccino –, ma che è stata anche un frangente temporale segnato da una vivace riflessione sui galatei, sulle buone maniere, sulla forza dei gesti e delle parole, che ancora caratterizza i nostri comportamenti e modi di pensare.

Fu senza dubbio un periodo di splendore intellettuale La Belle Époque, oggi fiaccato da stimoli che al tempo erano impensabili: la televisione, i cellulari, i computer. Elementi della modernità che ci distraggono e tolgono dalla nostra vista tutte le bellezze naturali che – nell’Ottocento, come oggi, come domani – ci circondano: gli alberi, i fiori, le piante, i monti, i fiumi di cui un tempo in molti conoscevano nomi, famiglie, origini e quant’altro, mentre oggi, in specie nel frenetico mondo occidentale, sono materia riservata ai soli specialisti del settore. Vaghiamo come automi in un paesaggio che non conosciamo più.

La Belle Époque, la “più affascinante delle illusioni”

Per comprendere meglio le caratteristiche di questa età dorata – che in vero creò pure grandi disuguaglianze sociali e generò enormi flussi migratori verso le Americhe –, Raffaella Ranise ci guida alla scoperta delle donne, alcune poco conosciute ai più, che con la loro arte, il loro genio, il loro savoir faire, hanno brillato in quel periodo storico fulgente, ma fugace – gli storici lo fanno concludere con lo scoppio della Grande Guerra o, ancor prima, con il disastro del Titanic – che, oculatamente, l’autrice definisce la “più affascinante delle illusioni”.

Sono molteplici le figure femminili riprese nel saggio della Ranise: le giovani, brillanti e amatissime regine d’Italia Margherita di Savoia – solidissima dinanzi i suoi sudditi nonostante i continui tradimenti del marito Umberto – ed Elena del Montenegro – colta e sensibile, in prima linea a sostegno dei bisognosi del Paese –, la divina Eleonora Duse – musa e “madre” del poeta e Vate Gabriele d’Annunzio che la amò e la fece soffrire e che, una volta spirata, la celebrò con la frase: “È morta quella che non meritai”.

E ancora: la geniale Maria Montessori, le scrittrici impegnate Sibilla Aleramo e Matilde Serao – quest’ultima più volte vicina al Nobel per la Letteratura –, la rivoluzionaria Florence Nightingale, la raffinata Franca Florio, per tutti la regina di Palermo.

Per delineare meglio il contesto della Belle Époque in cui brillarono queste donne, l’autrice dedica uno spazio anche agli uomini che hanno indirizzato la moda e le arti di quella stagione: Antoni Gaudí, l’architetto del sogno, Peter Carl Fabergé, il gioielliere delle uova tempestate di diamanti amate dagli zar Alessandro III e Nicola II, Alexandre Gustave Eiffel, il Mago del Ferro, l’ingegnere che regalò a Parigi quello che è il suo simbolo universale.

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Le Divine della Belle Époque è un’opera che ci immerge nello spirito di un’epoca bella e indimenticabile, un libro che ci accompagna su quella giostra sfavillante destinata a frenare bruscamente dopo pochi giri, ma che lasciò un segno indelebile nella società futura.

Antonio Pagliuso