Recensioni: “Quando la ’ndrangheta sconfisse lo Stato” di Antonio Cannone

È la sera del 4 gennaio 1992, antivigilia della Epifania, quando a Lamezia Terme vengono barbaramente trucidati il sovrintendente di polizia Salvatore Aversa e sua moglie, l’insegnante Lucia Precenzano. Una vicenda omicidiaria che sconcertò l’opinione pubblica non solo calabrese ma pure nazionale e che fu l’incipit delle grandi stragi di mafia dei mesi successivi, da Capaci a via D’Amelio.

Il giornalista e scrittore Antonio Cannone – che già aveva trattato gli accadimenti dell’omicidio nel suo saggio del 2017 Il caso Aversa tra rivelazioni e misteri – analizza e arricchisce di particolari inediti i fatti accaduti e il contesto socio-politico di quegli anni nel suo ultimo lavoro Quando la ’ndrangheta sconfisse lo Stato, edito Pellegrini per la collana Mafie diretta dal saggista ed esperto di ’ndrangheta Antonio Nicaso.

I giorni bui di Lamezia Terme

Un testo importante per la memoria collettiva che ci guida a una attenta riflessione su uno dei più complicati misteri calabresi: interrogativi e risposte mancate che ancora bruciano sulla pelle. Da contestualizzare l’evento delittuoso, che avvenne poche settimane dopo lo scioglimento per mafia del consiglio comunale della città calabrese e poco più di sette mesi dopo la strage del 24 maggio 1991 che vide vittime due innocenti netturbini, Pasquale Cristiano e Francesco Tramonte, trucidati a colpi di kalashnikov alle cinque del mattino. Appare chiaro un fil rouge che lega indissolubilmente i fatti accaduti.

Fin dal primo capitolo, l’opera racconta gli anni bui di Lamezia Terme, una città, al tempo, in piena guerra di mafia. Antonio Cannone analizza i tre episodi citati che si intrecciano inesorabilmente, partendo con lo scioglimento del consiglio comunale dove, nella relazione del Ministro dell’Interno, vengono alla luce alcuni dettagli sugli appalti per la raccolta dei rifiuti che collegherebbero le indagini della Procura al tragico omicidio Tramonte-Cristiano. A un collega delle due vittime, Eugenio Bonaddio, rimasto ferito nell’attentato del 24 maggio – tuttora impunito –, l’autore dedica un capitolo del volume. 

La lettura ci porta all’agguato mortale del 4 gennaio. Alle diciannove di quella sera arrivava una telefonata ai carabinieri di Lamezia Terme in cui si informava di una sparatoria avvenuta in via dei Campioni, nel pieno centro della città: erano stati uccisi Salvatore Aversa e Lucia Precenzano (la donna perirà in ospedale un’ora dopo l’attentato). Un duplice omicidio che scosse l’Italia intera – scrive Cannone –, pregno di simbolismi inquietanti a partire dall’arma con cui viene commesso l’agguato fino al vile gesto della profanazione della bara di Aversa nella notte della festa del papà.

Interrogativi insoluti, depistaggi e fatti inediti

E tanti sono gli interrogativi rimasti in sospeso che il giornalista cerca di chiarire insieme al figlio maggiore dei coniugi, Walter Aversa. Qui comincia una fitta conversazione tra i due, dettata dal comune bisogno di andare fino in fondo, di parlare di tutto quello che non è stato detto ancora, facendo nomi e cognomi dei protagonisti di questa brutta pagina di cronaca italiana.

Emergono fatti inediti: poliziotti “sospetti” che si presentarono a casa della famiglia Aversa la sera stessa del loro assassinio. E si parla ancora di servizi segreti, omissioni, depistaggi e, soprattutto, della falsa testimonianza di Rosetta Cerminara che accusò Giuseppe Rizzardi e Renato Molinaro – suo ex fidanzato – del duplice omicidio. La donna sarà insignita addirittura della medaglia a onor civile dal Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro.

Medaglia che dovrà essere restituita quando emergerà la verità: Stefano Speciale e Salvatore Chirico, due pentiti appartenenti alla Sacra corona unita, confesseranno di essere loro gli esecutori dell’omicidio Aversa. Indagini poco chiare, che vedranno tanti lati oscuri, troppi, a cui seguirà la condanna nel 2020, “per gravi colpe”, del Pubblico ministero di allora, Adelchi D’Ippolito.

Le persone Salvatore Aversa e Lucia Precenzano

Viene, infine, tratteggiato il profilo privato di Salvatore Aversa e di Lucia Precenzano. Un’insegnante premurosa che credeva nella sua missione di educatrice, Precenzano, donna mite la cui dolcezza viene ricordata ancora oggi dai suoi studenti, racconta il figlio Walter. E la figura di un uomo onesto, integerrimo servitore dello Stato, Aversa, sempre pronto a difendere i deboli dalle angherie dei delinquenti. Tanti sono gli episodi che Walter Aversa riporta alla memoria con orgoglio e con una velata tristezza.

Un uomo, il sovraintendente, che si è sempre speso per la comunità non meritava una fine così atroce, così come non meritava che la sua morte venisse ammantata da tanti punti oscuri che oggi, a distanza di più di trent’anni, ancora non hanno visto luce. È così che la ’ndrangheta ha sconfitto lo Stato.

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Fa da monito la frase di Peppino Impastato che Antonio Cannone riporta in esergo: “Noi ci dobbiamo ribellare. Prima che sia troppo tardi! Prima di abituarci alle loro facce! Prima di non accorgerci più di niente”. E, aggiungo, prima di dimenticare.

Emanuela Stella