Recensioni: “Zero” di Annita Vitale

Cosa significa Zero? Zero è il numero che indica l’assenza, la mancanza. Ma anche la possibilità di ripartire e di ricostruirsi. A volte è possibile, a volte no. Perché forse “lo zero degli uomini non esiste”.

Pubblicata da Grafiché Editore, Zero è la prima opera di Annita Vitale.  Nel suo romanzo, l’autrice tesse una trama fitta di emozioni, di turbamenti, ci costringe a fare i conti con una realtà troppe volte taciuta, un tabù vecchio come il mondo: l’incesto. Ed ecco che Edoardo ci racconta dei suoi sensi di colpa, della inadeguatezza che lo ha accompagnato fino alla età adulta, la paura dell’amore, di essere sbagliato. Chissà cosa sarebbe stato di lui se non avesse conosciuto Silvia, la donna che gli ha salvato la vita regalandogli un’altra possibilità, consentendogli di ripartire da zero.

Cominciare, non ricominciare

Ma si può veramente ripartire da zero? Forse no, o almeno non si può affrancandosi dalle proprie radici, non si può dimenticando. Si può fare solo quando si affronta la verità, quando si acquisisce la consapevolezza liberatoria che ti consente davvero di “cominciare” senza bisogno di “ricominciare da zero”. Guardando dritto negli occhi il mostro che ti ha violato nella più tenera età, quel mostro sconosciuto che fino a pochi attimi prima era la persona che più amavi al mondo, che chiamavi con voce tronfia di orgoglio, quella parola che significava forza e protezione: papà. E quell’assenza, quel legame stroncato dal silenzio ha portato anche Valentina, per quanto forte, forte forse perché risparmiata, risparmiata dall’orco e dalla verità, a diventare una donna avulsa dall’amore, condannata alla solitudine. La scoperta del terribile segreto da cui Edoardo l’ha protetta per tanti anni la porta alla perdita di ogni certezza, la spinge in un baratro profondo che neanche la morte di quello che prima era suo padre e ora un estraneo riesce a placare.

Valentina guida canticchiando verso la villa in campagna della famiglia, un viaggio alla ricerca di un tempo ormai perduto, quello dell’infanzia, degli affetti, dei legami di sangue. Valentina è felice eppure, al contempo, spaventata all’idea di rivedere suo padre Alfonso e suo fratello gemello Edoardo. Dopo la morte precoce della madre, non si erano più rivisti. Edoardo abitava ormai da anni a Berlino e la sorella scoprirà quella stessa sera che sta per diventare zia. Ad accompagnare Edoardo, difatti, c’è Silvia, la donna che gli ha regalato una nuova vita e che adesso sta per mettere al mondo suo figlio.

Annita Vitale ci parla dell’incapacità di aprirsi ai sentimenti

La famiglia si ritrova riunita sotto lo stesso tetto, ma l’incomunicabilità regna sovrana, le cose non sono cambiate, ognuno è arroccato nel suo silenzio, ognuno prigioniero di un terribile segreto che Valentina conoscerà quella stessa notte. Il padre non regge al duro confronto con Edoardo e alla reazione di Valentina che, dopo aver scoperto la sconcertante verità, sviene.

“Ogni mattina a colazione, per sette anni, ho cercato nel tuo sguardo un segno. E ogni mattina, per sette anni, ho pensato che forse, avevo sognato tutto.”

Alfonso scappa via, si rifugia nella sua casa di via Poerio 33 dove, dopo aver fatto finalmente i conti con la propria coscienza, in preda al rimorso, decide di liberarsi da questo orribile fardello. “Il buon maestro e cattivo padre” era morto. Contemporaneamente nasce Valentino, il figlio di Edoardo che porta gioia e unità nella famiglia da poco ritrovata. La notizia della morte del padre non turba particolarmente Valentina, anzi, si sente liberata da un peso insopportabile. Edoardo con la sua famiglia ritorna in Germania, e Valentina, invece, resta nella sua mansarda in balia del passato e dei suoi tormenti, trovando rifugio solo nel dolce ricordo della madre.

Annita Vitale ci riserva nel claustrofobico finale uno scontro tra Eros e Thanatos: riuscirà Valentina a tornare alla vita e ad aprirsi all’amore o resterà impantanata in un limbo di ricordi?

“Valentina fa un respiro robusto, avrebbe voglia di mettersi in moto, di innescare la marcia per ripartire da uno, ma non ce la fa oggi. Oggi no.”

Emanuela Stella