Romanzo imprescindibile del Novecento, Lo straniero di Albert Camus veniva pubblicato in Francia, presso le Éditions Gallimard, esattamente ottant’anni fa: era il 19 maggio 1942.
Un classico della letteratura mondiale, uno dei più influenti romanzi di ogni tempo: ottant’anni fa in Francia, grazie alle edizioni Gallimard, veniva pubblicato Lo straniero, opera simbolo della produzione letteraria dello scrittore francese Albert Camus, premio Nobel per la Letteratura nel 1957.
Straniero ed estraneo
Camus è nato in Algeria, al tempo colonia francese, il 7 novembre 1913 e nella vita è stato giornalista, attivista politico – iscritto al Partito comunista fin dal 1934 –, saggista e filosofo; il suo L’étranger (il titolo originale riflette due accezioni: straniero a un mondo ed estraneo al mondo) è la porta che ci fa precipitare nelle debolezze dell’uomo che prova a ribellarsi all’assurdità della vita, una vita non richiesta, sartrianamente capitata, alla quale non trova alcuna ragione e, pertanto, vissuta con abulia, dipiù fastidio.
Un uomo senza ambizioni né sogni
Protagonista del romanzo è un impiegato di nome Meursault: un uomo comune, di quelli “la cui testa sparisce nella folla” per dirla con un altro gigante della letteratura francese, Louis-Ferdinand Céline; un uomo perduto, senza ambizioni e sogni, impassibile dinanzi alla vita e alle vicissitudini che la caratterizzano; estraneo e/o straniero a tutto, anche allo strazio che può portare la notizia della morte di una madre – memorabile l’incipit dell’opera: “Oggi è morta mamma. O forse ieri, non so”.
L’impalpabile carattere di Meursault, anaffettivo, neghittoso, indifferente fino all’irrazionalità, viene disegnato magnificamente da Albert Camus, un uomo che nella sua breve vita – morì a quarantasei anni, nella notte tra il 4 e il 5 gennaio 1960 a seguito di un incidente d’auto (la Facel Vega sulla quale era a bordo assieme al suo editore Michel Gallimard andò a scontrarsi contro un grosso platano nei dintorni di Villeblevin, in Borgogna) – riuscì “a vedere ciò che altri non riescono a vedere”, come afferma Roberto Saviano.
L’estraniamento de Lo straniero, l’analisi
È il pomeriggio di un’afosissima domenica e Meursault passeggia su una spiaggia attorno ad Algeri; con lui c’è Raymond Sintès, un losco magazziniere del quale si dice che sia un magnaccia.
Qualche ora dopo, al termine di una incontrollata ma controllabilissima successione di eventi, Meursault si macchia di un crimine. Spara a sangue freddo a un arabo, un rivale di Sintès. Un omicidio colposo ma inconscio, en passant, che Meursault imputa al sole che in quel fatale frangente lo ha disturbato.
“Mi sono scrollato di dosso il sudore e il sole. Ho capito che avevo distrutto l’equilibrio del giorno, il silenzio eccezionale di una spiaggia dov’ero stato felice. Allora ho sparato altre quattro volte su un corpo inerte nel quale le pallottole si conficcavano senza lasciare traccia. Ed è stato come se bussassi quattro volte alla porta dell’infelicità.”
Non è un criminale e neppure un immorale Meursault; è un uomo che non si sente allacciato agli altri, al genere umano, al mondo. Quella dell’antieroe di Camus, “non è indifferenza vera” avverte Raffaele La Capria. È “la lucidità di chi sa che non ci sono più illusioni. Meursault rappresenta la condizione dell’uomo moderno che è solo di fronte al mondo, che non è guidato da nessuna legge morale”. Slegato dalla vita, dalle leggi che la regolano; libero, perciò pericoloso, pericolosissimo.
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Subito acciuffato dalle forze dell’ordine, il protagonista accetta senza condizioni il suo destino, rimanendo alieno all’accadimento che gli sta cambiando la vita, come se l’imputato del delitto dell’arabo non fosse lui, come se il processo e tutto quello che ne conseguirà non lo riguardasse.
Una vita che non può avere senso
L’unico momento in cui Meursault pare rivelarsi un uomo fatto di raziocinio e sentimenti è nell’ultimo drammatico, distruttivo capitolo. Oramai prossimo alla condanna a morte, lo Straniero parlerà, sicuramente per l’ultima volta, forse addirittura per la prima. Si aprirà al cappellano dell’istituto di pena. Per cercare conforto nella preghiera? Per esprimere il suo pentimento? La volontà di redimersi? No, le parole di Meursault giungono già da un altro mondo, cui finalmente si sente di appartenere, in cui potere dare un senso a una vita che nella ingiusta terra degli uomini non può averne:
“Perché tutto fosse consumato, perché mi sentissi meno solo, dovevo solo augurarmi che ci fossero molti spettatori il giorno della mia esecuzione, e che mi accogliessero con grida di odio”.
Lo straniero di Camus, inserito al primo posto dei 100 libri del Novecento di Le Monde – classifica popolare curata dal quotidiano parigino nel 1999 –, è un libro essenziale, di quelli che scavano un solco; uno di quei romanzi da leggere in ogni fase della vita – adolescenza, giovinezza, maturità, vecchiaia –, impossibile da dimenticare per la capacità di saper inghiottire il lettore, di trascinarlo nella più recondita strettoia dell’animo umano.