Recensioni: “Il venditore di incipit per romanzi” di Matei Vișniec

“La prima frase di un romanzo deve contenere un po’ dell’energia di un grido istintivo che provoca una valanga… Deve essere una scintilla che genera una reazione a catena… Ecco il motivo per cui la prima frase non è mai innocente. Essa contiene in sé, in germe, l’intera storia, l’intero conflitto.”

È così che principia Il venditore di incipit per romanzi, il nuovo romanzo di Matei Vișniec pubblicato in Italia da Voland con la traduzione di Mauro Barindi, già traduttore di Sindrome da panico nella Città dei Lumi, la precedente opera targata Voland del poeta, drammaturgo, romanziere e giornalista romeno, nato nel 1956 a Rădăuţi, nei Carpazi orientali, e dall’87 residente in Francia, verso cui fuggì a causa del regime di Nicolae Ceaușescu, conducător della Romania fra il 1965 e il 1989.

Monsieur Courtois, il cordiale venditore di incipit per romanzi di Matei Vișniec

L’incipit perfetto “è il deflagrare di un incendio interiore”, è quella frase in grado di portare con sé l’intera trama, di dar vita con naturalezza al profluvio di parole seguente; l’incipit perfetto è quello che spiana la strada verso l’immortalità di un romanzo e, di conseguenza, giustifica l’esistenza del suo autore, in lotta contro centinaia di migliaia di simili della sua generazione.

Di frasi ad hoc “per entrare nella posterità” ne possiede una vasta gamma il personaggio che compare nelle prime pagine del romanzo di Vișniec, il cortesissimo – nomen omenGuy Courtois, un gentiluomo che disprezza la modernità, le sue invenzioni e la sua velocità, pericolosi per chi come lui svolge un mestiere centrato sulla cura e la pazienza. È lui il venditore di incipit per romanzi più ricercato dagli scrittori degli ultimi secoli.

Nelle sale dei caffè letterari più prestigiosi della Vecchia Europa – dal viennese Hawelka al Caffè Greco di Roma –, monsieur Courtois incontra i suoi assistiti e medita sui possibili incipit da consegnare loro presso la libreria Verdeau, in un angoluccio buio dell’omonima galleria parigina, un’antica libreria in cui vige la più assoluta anarchia libresca.

Pigmalione di Camus, Kafka e Céline

E di clienti illustri Guy Courtois ne può vantare molti: è stato lui a fornire ad Albert Camus il fulminante incipit de Lo straniero; è stato lui a consegnare a Franz Kafka la frase iniziale de Il processo e sempre lui a consigliare a Louis-Ferdinand Céline l’avvio di Viaggio al termine della notte, tre romanzi determinanti di tutto il Novecento.

Courtois ha deciso di chiudere la sua agenzia esclusiva, forse perché vede la letteratura oramai destinata alla morte per via della sovrapproduzione di libri e dell’avvento di nuovi programmi che scrivono da sé i romanzi senza l’intervento del genio umano. Prima di sparire vuole però consegnare una gemma a un ultimo fortunato, uno scrittore in crisi i cui manoscritti hanno inanellato soltanto continui rifiuti.

I singolari personaggi di Vișniec

Da questa scena Matei Vișniec conduce il lettore in un libro caleidoscopico – il termine è utilizzato dallo stesso autore per la prima pubblicazione, in patria, nel 2014, del libro: Negustorul de începuturi de roman: roman caleidoscop – presentandoci numerosi quanto stravaganti personaggi: una giovane evanescente e perversa, un uomo di mezza età che si rende conto, improvvisamente, mentre è intento a lavarsi i denti, di quanti danni ha causato all’umanità il suo essersi trasformato in “un docile consumatore perfettamente ammaestrato dall’ordine commerciale”, un europeo emigrato negli Stati Uniti d’America e vendutosi totalmente allo stile di vita più veloce e performante, alla società più multietnica, alle dimensioni più imponenti – dalle automobili, alle case, ai bicchieri per il caffè –, ai “valori” della nazione dall’altra parte dell’Atlantico, uno scrittore da oltre quarant’anni fermo alla prima frase di un potenziale romanzo, affetto da una irreversibile “impotenza artistica”.

Al girotondo di personaggi fatti e abbozzati – magari da riprendere per un prossimo lavoro –, reali e surreali, partecipano pure fantasmi di autori del passato e voci dall’oltretomba: morti più vivi dei vivi e vivi più morti dei morti.

Il venditore di incipit per romanzi ha anche tanti collegamenti col nostro presente: la critica alla “eclissi mediatica” in cui cade una guerra una volta che ne subentra un’altra di più interessante, riducendo il tutto a un reality show, il biasimo della tecnologia indirizzata a cancellare le emozioni e l’imprevedibilità della vita e della società odierna in cui il rumore dei clacson, delle suonerie dei telefonini, dei video musicali, delle urla di giornalisti e opinionisti, non è più percepito come elemento di disturbo ma è accolto come un “normale oceano sonoro” che scandisce le nostre esistenze, tanto da non accorgerci se qualcuno chiede aiuto proprio accanto a noi, oppure non è più nella possibilità di farlo.

“Viviamo in questo immenso acquario come pesci sordi che non sobbalzano più a nessun rumore, senza che non li allarmi più nulla.”

“Il silenzio dei talenti” contro l’Accademia Svedese e l’Occidente

Straordinarie le pagine in cui prende forma lo sciopero del silenzio degli scrittori romeni che all’unanimità protestano col silenzio, senza scrivere più un rigo, contro la sudditanza culturale verso l’Occidente – “il bisogno di venir prima accettato in Occidente per essere poi riconosciuto a casa propria” – e contro quella Accademia Svedese che non ha mai reso onore alla Romania e alla sua cultura con un Nobel per la letteratura.

Un omaggio alla grande letteratura

Ed è proprio la letteratura, a ben vedere, la protagonista centrale dell’opera, il motivo dominante attorno a cui tutto gravita. Matei Vișniec – autore tradotto in più di trenta paesi e già vincitore di numerosi premi letterari in Francia e in Romania (ma ancora non in Svezia…) – omaggia la grande letteratura mondiale con un libro talmente originale da sfuggire a qualsivoglia incasellamento, chiaro e limitante, di genere; una disposizione che gli permette di rompere il muro del tempo, vincendo la sfida che ogni scrittore, consciamente o inconsciamente, pubblicando un testo accetta.

Un romanzo inclassificabile e senza tempo. E ciò rappresenta una virtù in un’epoca editoriale così corrotta dai modelli imposti dai grandi marchi, alla caccia spasmodica del “best-seller di una stagione”, in cui nulla pare essere creato per durare, fine cui dovrebbe ambire una vera opera letteraria. E forse il complimento migliore che oggigiorno può essere rivolto a un libro è quello di considerarlo un’opera letteraria, e “basta”.

Antonio Pagliuso