Recensioni: “Non sono morti gli dèi” di Konstantinos Kavafis

Non sono morti gli dèi è il titolo della raccolta poetica di Konstantinos Kavafis (1863-1933) pubblicata da Graphe.it, casa editrice umbra che in questo 2023 festeggia i suoi primi diciotto anni di attività culturale; componimenti di argomento mitico, che in gran parte fanno riferimento alla storia e alla letteratura greca dell’età classica.

L’antologia poetica, con testo greco a fronte, arriva nell’anno in cui ricorrono gli anniversari di nascita e di morte del poeta greco: centosessant’anni dalla venuta al mondo in Alessandria d’Egitto, cosmopolita città all’epoca sotto il dominio britannico, e novant’anni dalla scomparsa nella stessa città cui si legò per la quasi totalità dell’esistenza vivendo appartato, lontano dal frizzante mondo culturale del suo tempo.

Sessantanove sono i componimenti contenuti nell’opera, curata, dall’introduzione alla traduzione, da Aldo Setaioli, professore emerito di Lingua e Letteratura latina all’Università di Perugia; un numero che può suscitare una leggera perplessità, di certo non impressione. Bisogna pertanto sapere che in vita Kavafis pubblicò poche sillogi stampate in tirature assai contenute. Enormemente più grande però era il numero di poesie che conservava in casa, archiviate in rigoroso ordine cronologico e revisionate sino agli ultimi giorni di vita. Solo la morte pose fine al continuo lavoro di rifinitura.

Come detto, i mondi ellenistico e romano ispirarono la produzione del poeta d’Alessandria d’Egitto. Nei suoi versi emerge prepotentemente la letteratura e la storia greca, la grecità antica, il mito e i poemi classici. L’opera kavafiana ripresenta momenti dell’Iliade e dell’Odissea di Omero – da quest’ultimo poema Kavifis ha tratto la notissima poesia Itaca –, ed episodi mitici e storici come le nozze di Peleo e Teti e la seguente profezia – poi non avveratasi – della lunga e prospera vita del loro figlio Achille, la seconda guerra macedonica (200-197 a.C.) fra Roma, poi vincitrice, e il Regno di Macedonia, la battaglia di Magnesia (190 a.C.) che pose la parola fine al potere ellenistico in Grecia e Asia Minore cui si sostituì quello romano. Nei versi dedicati a questo periodo storico, il poeta sottolinea l’incapacità e mancanza di volontà dei sovrani ellenistici di unirsi contro il nemico, più disposti a soccombere che a coalizzarsi col vicino per combattere il potentissimo nemico.

Cantando la decadenza e la fine del mondo antico di cui, come sostiene Setaioli nei suoi righi introduttivi, si considerava erede, Konstantinos Kavafis, fra i maggiori rappresentanti della poesia del Novecento, si è lasciato ispirare dalla storia e dalla letteratura greca dell’età classica, plasmando la sua poetica attorno a vicende emblematiche e universali, valide allora come adesso, in ogni tempo e ogni luogo.

Antonio Pagliuso