Odiseo y el Rio Atrato (Link edizioni) di Francesco Antonio Fagà è un romanzo che parla di amore e di amicizia, di terra abbandonata e terra scoperta. Come un attuale Odisseo, il nostro protagonista, Rocco Scordo si lascia ammaliare dai colori e dai profumi dell’America Latina.
Rocco Scordo, calabrese emigrato in America Latina è uno spedizioniere di merci nei porti caraibici, andato via dalla sua terra alla ricerca di un folle volo oltre l’umano. Ad accompagnarlo nelle sue avventure troviamo il fidato amico, Augustin, detto il Cholo, uomo dotato di grande empatia, saggio e devoto a San Pacho e a Dio.
L’incipit di questa storia ha come teatro Panama; qui un vento improvviso gli attraversa il corpo e la mente: l’incontro fatale con Tocaya, un volto perfetto che fa da cornice a due grandi occhi neri. Nonostante gli accorati avvertimenti del fidato Augustin, Rocco non resiste al canto delle sirene e si lascia travolgere da un vortice di fuoco e passione. E anche di magia. Da questo momento, il nostro dovrà mettere in dubbio le sue certezze e la sua razionalità.
Ed è in questo contesto di sortilegi e malie, magistralmente descritto da Francesco Antonio Fagà, che incontriamo personaggi iconici come Donna Justa, che con dolcezza materna pregherà contro l’affascinu, così come succedeva nella sua Calabria. A migliaia di miglia di distanza le donne combattevano nello stesso modo quella negatività che riconoscevano nel medesimo nome di malocchio o malo ojo.
E ancora, usanze e tradizioni per molti versi simili a quelle della Calabria, ecco le cosiddette “chiamate”, parole in apparenza ingenue ma che sottintendono chiare posizioni. Cosicché, in caso di disaccordo, nessuno potesse dire che si era parlato di quello specifico argomento. Patti metaforici.
In Odiseo y el Rio Atrato Fagà ci racconta di incontri con vecchi amici in terra straniera, di saudade, di malinconia:
“Un emigrante, nel lasciare la sua terra, perde tutti i suoi sensi: non ha più la vista del suo cielo dall’azzurro impossibile e degli scialli neri, (…) non sentirà mai più la carezza amorevole di una madre o di una nonna che ti toglie il malocchio”.
E di separazioni difficili e di ritorni felici.
In questa odissea, vissuta tra donne diabolicamente intelligenti, personaggi sui generis, profumati sigari di Donna Carmen annaffiati con un buon rum, Rocco si perde nell’oblio dei sensi. E così come successe a Odisseo sull’isola di Circe, egli, sulla sua isola in compagnia di Tocaya, dimentica i suoi doveri e la sua vita passata, riscaldando il suo cuore sulle rive del Rio Atrato.
Ma si autoassolve poiché: “(…) su quei sorrisi si posarono labbra, silenzi e parole che ci avrebbero resi immortali”.
Emanuela Stella