recensione primo sangue di Amelie Nothomb

Procede con regolarità la produzione italiana targata Voland di Amélie Nothomb. Uscito alle stampe, con la traduzione di Federica Di Lella, Primo sangue, un omaggio che la celebre scrittrice belga rende al padre Patrick.

Si apre con una scena drammatica il trentesimo romanzo della Nothomb: c’è un giovane uomo, è suo padre, Patrick, in piedi, rassegnato dinanzi al plotone d’esecuzione.

È il novembre 1964 e a Stanleyville scorrono le ultime angosciose ore della rivolta dei Simba, la tragica azione dei ribelli congolesi che, nell’agosto di quell’anno, avevano preso in ostaggio oltre millecinquecento europei con la richiesta che venisse riconosciuto dal Belgio il governo della Repubblica popolare del Congo.

“Da quanto tempo sono davanti a questi dodici uomini? La mia mente è così abbagliata che perdo la nozione del tempo. […] Morirò da una frazione di secondo all’altra, sono terrorizzato e insieme impaziente.

Patrick Nothomb ripensa alla sua vita, quella che, ne è ormai sicuro, gli sarà tolta sotto i colpi di kalashnikov dei rivoltosi, con accettazione fatalista a tutto quello che ha fatto, con rammarico a quello che non ha avuto il coraggio di fare. Amélie dà voce al genitore, orfano di padre ad appena otto mesi, scrivendo le sue memorie, le vacanze nella tenuta degli eccentrici nonni Nothomb, fra composte di rabarbaro d’estate e minestre d’acqua e cipolla d’inverno, il sogno di divenire un giorno portiere di calcio oppure capostazione oppure ancora poeta, il cammino verso l’eta adulta, diventare un uomo, un mestiere assai più complicato, specie per chi non ha un punto di riferimento paterno.

Sete di Amélie Nothomb, uno dei 10 libri più belli del 2020

In Primo sangue, libro vincitore, nel 2021, del quasi centenario – la prima edizione si è tenuta nel 1926 – Premio Renaudot e, qualche settimana fa, del Premio Strega Europeo (ex aequo con Punto di fuga di Mikhail Shishkin), Amélie Nothomb realizza un ritorno alle origini analizzando la vita di un padre, scomparso nel 2020, in cui rivedere se stessa e riscoprirsi.

Antonio Pagliuso