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Racconti disprassici di Pierluigi Cuccitto (Dialoghi, 2020) accende i riflettori su un disturbo dello sviluppo spesso erroneamente confuso con atteggiamenti goffi e maldestri.

Per un ragazzino di dieci anni al quale non sia ancora stato diagnosticato il disturbo, la vita può essere davvero difficile. C., il protagonista dei Racconti disprassici, inizia il suo “diario” ricordando il periodo in cui ancora non sapeva di essere disprassico. Tra lui e il resto del mondo era stato eretto un muro invalicabile i cui mattoni erano intrisi di vergogna: vergogna per ogni capitombolo, vergogna per ogni trancio di pizza finito sul pavimento, per ogni emozione taciuta, celata dietro l’incapacità di comprenderla e di farsi comprendere.

Ogni gesto per C. è una sfida contro la Stortura, questa ombra nera che finisce sempre per inghiottirlo. Il mondo è per C. un insieme di oggetti puntati contro di lui.

Gli oggetti mi fanno sempre questo strano effetto: capisco di essere storto, anche se ancora non comprendo bene il perché, ma l’unica cosa che mi è chiara è che io e gli oggetti siamo proprio scoordinati quando interagiamo. 

Il punto è che la disprassia è una nemica invisibile che si palesa mettendo i bastoni tra le ruote alla quotidianità. Come accade a C. nei Racconti disprassici, i ragazzi che vivono questo disturbo si trovano a dover fare i conti con problematiche riguardanti l’equilibrio: ad esempio. C. impiega quattro anni per imparare ad andare in bicicletta. Si impegna e alla fine sconfigge la Storura: non la fa sparire, è chiaro, tuttavia impara a governarla.

Racconti disprassici Pierluigi Cuccitto
Pierluigi Cuccitto, autore di Racconti disprassici

Tra i dieci e i quattrodici anni la vita è complicata per tutti i ragazzi: ci si accinge ad abbandonare l’infanzia per abbracciare la vita adulta, ma non si è ancora davvero maturi ed è come se si vivesse in un limbo di emozioni ed esperienze. Ora provate ad amplificare le difficoltà incontrate da un preadolescente o da un adoloscente. Immaginate se oltre alla fisiologica maldestrezza ci fosse anche una mano invisibile a minare costantemente il già fragile equilibrio. Ebbene, purtroppo è proprio questo il vissuto quotidiano dei ragazzi affetti da disprassia.

Nei Racconti disprassici, Pierluigi Cuccitto scrive di C. che vive la propria esistenza come uno straniero. Il ragazzo tenta di conoscerci senza riuscirci, salvo poi trovare la giusta via, quella della consapevolezza.

Insomma, ho quattordici anni anche io e, anche se tutte queste cose le vivo in mezzo agli altri, è come se fossi invisibile e conducessi due esistenze diverse: una tutta mia, in cui le cose avvengono normalmente e non in ritardo, e un’altra, dotato di un anello invisibile, in cui vedo gli altri sognare le sensazioni, le emozioni e le scene di vita che sogno anche io, e fare tutto meglio di me; e forse se non ci fossi non cambierebbe poi molto la questione.

Racconti disprassici bambina bicicletta

Eppure per tutti esistere significa andare avanti per prove ed errori, ogni volta con una conoscenza in più su di sé e sul mondo. Per i ragazzi che vivono, ciascuno a suo modo, i racconti disprassici questo incedere è certamente più lento, più tortuoso, più confuso, tuttavia non impossibile. C. conclude le sue riflessioni con l’auspicio che riconoscendosi simili, i ragazzi disprassici possano trovare sostegno alimentando la fiducia in sé e negli altri.

Non bastano le diagnosi a spiegare la disprassia, perché queste si fermano alla porta. Non hanno la chiave per entrare e per comprendere il labirinto di Minosse che Lei ci costruisce attorno. Un labirinto che solo superficialmente ha a che fare con i lacci storti delle scarpe, la caduta dalla bici o il non saper nuotare. No, è proprio un altro modo di vedere il mondo e dobbiamo essere noi a parlarne. Sta a noi trovare le parole per mostrare la verità oltre il velo. 

La disprassia, in definitiva, non è una sconfitta quotidiana, bensì la corsa a ostacoli che ogni giorno conduce a nuove e inaspettate vittorie.