Recensioni: “Rigenerazione K035” di Sara Maria Serafini

Del distopico ha tanto Rigenerazione K035, il nuovo romanzo di Sara Maria Serafini, ma è un distopico criptico, indecifrabile, mobile, per paradosso orientato più al passato che al futuro, che ingrana la retromarcia anziché la sesta.

Una distopia intenzionata a risolvere il vissuto, a dare una logica a ciò che è stato, a evitare che i contorni del passato si dilatino, che l’immagine si dissolva, a scongiurare il facile e superficiale “scollamento” da un tempo all’altro della vita, come se fosse plurale, come se fosse realmente possibile – oltre l’attimo di vacua prosopopea della frase fatta – vivere più di una vita. Nell’impresa, pertanto non così eccezionale come possa apparire, di tenere assieme mondi che in vero non sono scindibili, ché il passato, per quanto possiamo sforzarci di spingerlo col piede sotto il tappeto, disconoscerlo come appartenesse a un nostro sosia e omonimo poco assennato, è all’origine del nostro oggi, del pensiero che stiamo maturando, dell’azione che stiamo compiendo.

Il futuro apparente di Rigenerazione K035 (edito Divergenze) si concretizza in una società antiutopica del Ventiduesimo secolo con la sua Agenda e l’obiettivo, l’unico, di realizzare una comunità incapace di fallire, composta da uomini e donne in grado di compiere sempre la scelta giusta, in qualsivoglia occasione.

Una società che necessita pure di strumenti per perseguire il Punto Unico dell’Agenda, come URBAN, congegno che monitora i livelli di felicità e infelicità delle persone, oppure MATCH, applicazione che permette i migliori accoppiamenti tra soggetti, finalizzati alla continuazione ideale della specie, eliminando ogni sorta di devianza.

Devianza genetica, con movente o senza movente

Ecco, le devianze sono il solo – e non da poco – problema della società futuristica del volume di Serafini. Tendente al perfetto e a debellare la delinquenza, il mondo del domani, non peccando di arroganza, considera la possibilità di devianza degli uomini e, al fine di trovare il rimedio, cucito caso per caso, la suddivide in tre tipologie: genetica, con movente e senza movente. Quest’ultima è la modalità di devianza che arreca maggiori problematiche; una devianza, più diffusa nelle aree depresse, per la quale è prevista la cosiddetta “pratica della rigenerazione”, consistente nel fare ritornare il soggetto “in cura” al giorno precedente il verificarsi dell’evento deviante, attraverso un salto temporale di perlomeno cinquant’anni.

La rigenerazione del soggetto K035

Questo è ciò che accade alla protagonista – doppia – di Rigenerazione K035: Lia, vissuta tra il Ventesimo e il Ventunesimo secolo, e Amalia, la rigenerazione di Lia del Ventiduesimo.

Lia ha trentacinque anni quando compie la sua, imprevedibile, deviazione senza movente. K035 – questa la sigla con cui è riconosciuta dal sistema – chiude gli occhi dinanzi al suo assurdo crimine e si risveglia nel 2100 quando inizia la sua nuova vita sotto il nome di Amalia.

Scortata dal LIWY, un assistente che guida, come un orologio intelligente, le azioni quotidiane delle persone, Amalia vive continui déjà-vu che favoriscono i calcoli, gli algoritmi, gli algidi studi dell’Agenda dello Stato. La rigenerazione, però, non è una pratica indefettibile: può anche fallire, ché LIWY e gli altri strumenti adottati nella loro perfezione tecnica e tecnologica non riescono a prevedere ciò che da sempre muove l’uomo: il subconscio e l’istinto.

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Il mondo nel Ventiduesimo secolo

Come sostenuto e come si evince, la storia magistralmente raccontata da Sara Maria Serafini ha di certo uno sfondo distopico, ma con un chiaro contatto con la realtà del secolo corrente. Nel 2100, ad esempio, lo studio del latino e del greco nei licei è sostituito dalle lingue russa e cinese e l’introduzione di una moneta unica, il b-coin, si è resa necessaria per ridurre i divari sociali, l’infelicità e le azioni devianti da essi scaturiti. Avvenimenti che sicuramente non ci sembrano così irrealizzabili.

Una nota merita poi la casa editrice Divergenze che impreziosisce le sue pubblicazioni con raffinate confezioni su cartoncino di pura cellulosa ecologica e carta bulk extralusso a grammatura 120; una cura che si confà al pregio del contenuto dei volumi pubblicati dalla casa editrice di Belgioioso, Pavia.

Antonio Pagliuso