Recensioni: “Ti abbraccio, Teheran” di Doris Bellomusto e Tiziana Tosi

Parole e illustrazioni che si avvolgono l’un l’altra in un’osmosi di sinergie delle due autrici Doris Bellomusto e Tiziana Tosi, che con il supporto della casa editrice Le Pecore Nere uniscono l’arte della comunicazione della parola e del colore per raccontare la storia di Nika Shakarami, morta a diciassette anni durante le proteste in Iran, seguite alla tragica uccisione di Masha Amini.

Nelle pagine di Ti abbraccio, Teheran, si incontra una chiave di lettura dedicata alle donne e a tutte le vittime di violenza, discriminazione, sottomissione, in un diario che scandisce le giornate di una rivolta di pochi giorni che tutto travolge e poco stravolge.

“Io sto male, ho un nodo alla gola e rabbia addosso, ho voglia di scendere in piazza e protestare, urlare, rischiare la mia vita in nome della VITA. Io mi chiamo Nika, ho 16 anni, a vivere sto imparando poco a poco; la vita si impara continuamente e non ci si può sottrarre alla lezione. È uno specchio sporco o uno specchio deformante…”

Le illustrazioni di Tiziana Tosi ben si sposano con le parole di Doris Bellomusto, che con estrema delicatezza e trasparenza, esprimono una denuncia forte e purtroppo ancora così attuale; un occhio che si affaccia timidamente sul mondo per scrutare ciò che si palesa così come metà volto che mostra i lineamenti della giovane protagonista, una metafora del non volto, nel voler esprimere la chiave di una individualità in parte celata, non volontariamente, ma come nascosta da una maschera, che nello stesso momento in cui copre il volto priva l’individuo della sua personalità per acquisirne un altro, ma il volto non volto cela anche angoscia, disperazione, paura; paura di una sottomissione sociale che priva la donna della sua libertà di pensiero e di espressione del suo essere in quanto tale, perché obbligata a non essere.

“Siamo in tante a protestare, al di qua del velo che ci copre inventiamo mondi nuovi e sconosciuti e un giorno o l’altro questi mondi saranno case, città, libri, amori. A me piace cantare, il mio canto può rompere il silenzio assordante a cui siamo costrette.”

Una scacchiera, un’immagine in bianco e nero priva di contorni netti e ben delineati, una mano che sposta una pedina, una partita giocata con ardore, dove il rischio è più alto delle prospettive, ma la volontà al cambiamento è immane e infonde infinito coraggio. Il gioco degli scacchi è caratterizzato dalla pazienza, arguta intelligenza logica, intuizione, relazione tra volontà e destino, libertà d’azione e valutazione delle possibilità; rappresenta un combattimento tra due armate disposte sulla scacchiera, concepita come un campo d’azione.

Così come la vita o in questo caso la lotta per i propri diritti, per un’emancipazione della donna nei confronti di una società che l’ha sottomessa per generazioni. Questa scelta della scacchiera si ripete anche nella rappresentazione del pavimento della stanza della protagonista e poi in una successiva illustrazione, la scelta di evidenziare un pedone che poggia su una superfice che riflette non la sua immagine ma quella del cavallo e accanto un petalo di rosa rossa.

La rosa rossa è presente in più illustrazioni di Ti abbraccio, Teheran ed è raffigurata in vari modi: una rosa rossa nel pieno della sua fioritura, un bocciolo, una composizione in un vaso, il singolo petalo o il fascio di rose trattenuto dalle mani della protagonista che evidenzia una pioggia di petali che volteggiano nell’aria: una rosa rossa come il colore del sangue delle vittime di questa guerra.

Simona Trunzo