Rocco Scotellaro 100 anni poeta libertà contadina

Cento anni fa nasceva a Tricarico, paesino lucano, il poeta e intellettuale Rocco Scotellaro. Nella sua breve parabola esistenziale – morirà improvvisamente a soli trent’anni – si batté per il miglioramento delle condizioni di vita dei contadini e per la centralità del Mezzogiorno. Contribuì a dare risonanza nazionale alla questione meridionale.

“Io e gli altri:

questo è l’amore e l’odio

aspettare la condanna di vivere insieme

eternamente con chi dà fastidio

o volere la condanna per chi dà pace.

Ma quando nessuno può salvarti

è venuta l’ora dell’amore e della morte.”

Il 19 aprile 1923 nasceva Rocco Scotellaro. Cento anni fa il poeta degli ultimi veniva alla luce, da madre sarta e padre ciabattino, a Tricarico, paesino di origini arabe e normanne che un secolo orsono contava circa settemila e cinquecento anime – oggi è ben sotto i cinquemila abitanti – incastonato nell’alta collina della provincia di Matera.

Fin da ragazzo, ancora prima di trasferirsi a Roma per studiare giurisprudenza, senza conseguire mai la laurea, Rocco Scotellaro dimostrò un attaccamento alla sua terra e una vicinanza concreta verso i suoi compaesani, in gran parte analfabeti o semianalfabeti, per i quali leggeva e scriveva le lettere ricevute o da inviare ai figli e parenti emigrati all’estero. “Io sono uno degli altri” diceva.

Una appartenenza che Scotellaro confermò col ritorno a Tricarico, nella patria “dove l’erba trema”, nel 1942, a seguito della morte del padre.

Meridionalista tra i maggiori del Sud

Come Corrado Alvaro in Calabria, Danilo Dolci in Sicilia e Ignazio Silone in Abruzzo, Scotellaro fu tra quei narratori e intellettuali che denunciarono le condizioni di vita delle classi subalterne cercando di comprendere il Mezzogiorno, la sua gente, i suoi problemi, spingendoli oltre i confini locali e portandoli alla ribalta nazionale.

La Basilicata era assurta a caso italiano nel 1945 con il Cristo si è fermato a Eboli di Carlo Levi, lo scrittore piemontese confinato in Lucania durante il fascismo che si legò visceralmente a quel mondo immobile, nello specifico Aliano, tanto da richiedere di esservi seppellito.

100 anni di Rocco Scotellaro, l’attività politica e il caso Matera

L’anno seguente vide Rocco Scotellaro candidarsi alla carica di primo cittadino del suo paese con la lista filosocialista, dal nome assai esplicativo, L’aratro. Fu eletto, diventando tra i più giovani sindaci d’Italia. Quegli anni sono decisivi per la Basilicata: nel ’48, sulla scia tracciata da Levi, emerse la “vergogna nazionale” di Matera. Così Palmiro Togliatti ebbe a definire la vita lontana da ogni progresso e civiltà moderna che vigeva nei Sassi di Matera – circa quindicimila i rurali materani che a metà del secolo scorso vivevano ancora nelle grotte in promiscuità con gli animali e in condizioni igienico-sanitarie a dir poco disastrose. La città diventò il simbolo dell’arretratezza e del sottosviluppo della Lucania e del Meridione, non più tollerabile nell’Italia repubblicana. Un’Italia che non poteva più voltarsi dall’altra parte.

L’arresto e l’addio alla politica

Nel febbraio 1950 Scotellaro fu tratto in arresto per un’accusa – poi dimostratasi infondata, frutto di una congiura politica antisocialista – di concussione. Per quasi due mesi rimase rinchiuso nel carcere di Matera; una volta ritornato libero abbandonò la carica di sindaco e la politica dedicandosi anima e corpo alla letteratura e battendosi con maggior vigore per la questione meridionale.

L’autonomia di pensiero del Mezzogiorno

Cantore del mondo contadino, prodotto dell’antica civiltà che raccontava, intellettuale simbolo del risorgimento dei braccianti del Sud, Scotellaro sosteneva che gli inevitabili mutamenti sociali che sarebbero giunti con l’apertura della Basilicata, del Sud e delle sue aree interne dovevano essere accompagnati e non forzati, dovevano essere condotti in piena autonomia, superando il rischio di cadere dalla padella alla brace.

Fu amico di altre figure chiave della cultura meridionalista nell’Italia del secondo dopoguerra come Manlio Rossi Doria, Rocco Mazzarone, nato anch’egli a Tricarico, e Carlo Levi, che coniò per lui il nome di poeta della libertà contadina. Ma pure della poetessa Amelia Rosselli e del celebre fotografo Henri Cartier-Bresson che andò a fotografare la ràbata, il quartiere arabo della cittadina del Materano.

L’improvvisa morte ad appena trent’anni

La vita di Rocco Scotellaro fu sì intensa ma anche molto breve. Un infarto stroncò il poeta e politico il 15 dicembre 1953, a soli trent’anni, lontano dal suo paese natio, ma non dal Meridione, ché si trovava a Portici, cittadina alle pendici del Vesuvio, dove lavorava all’Istituto di agraria del Sud.

Come ricorderà il compianto giornalista e scrittore Alessandro Leogrande, in occasione dei solenni funerali furono stampate migliaia di sue fotografie e il volto dell’intellettuale cominciò a campeggiare sulle pareti delle case dei tricaricesi e lucani, accanto ai volti di Gesù, dell’Immacolata e dei santi patroni.

Lamento funebre per Rocco Scotellaro (1953)
Lamento funebre per Rocco Scotellaro (Carlo Levi, 1953)
Casa Museo del Confino di Carlo Levi ad Aliano (foto Antonio Pagliuso)

Le opere di Scotellaro, dalle poesie a L’uva puttanella

Tutta la sua opera letteraria è stata pubblicata postuma.

Del 1954 è la pubblicazione della raccolta poetica È fatto giorno, con prefazione di Levi. La silloge vinse il Premio Viareggio di quell’anno. Postume anche le edizioni di altri lavori scotellariani: l’inchiesta Contadini del Sud, le rime di Margherite e rosolacci e il romanzo L’uva puttanella, testo autobiografico e incompiuto.

Pubblicato, sempre con prefazione di Levi, nel ’55 da Laterza, L’uva puttanella è il ritratto dei paesi interni del Meridione attraverso cui Scotellaro descrisse le tappe principali della sua breve esistenza: il rapporto con la famiglia, la grama quotidianità del paese, l’epopea delle lotte per il latifondo, la ricerca di un’autonomia di pensiero, le settimane in carcere, le primissime ondate migratorie, l’esperienza politica.

Pagine che immortalano i pensieri di un giovane uomo che, nei suoi pochi anni, aveva percepito il mutamento in atto anche tra i dimenticati del Sud, l’estinzione della civiltà agraria e di un ordine che per secoli aveva seguito il ritmo delle stagioni, la corsa all’omologazione dei decenni successivi.

La Basilicata e la poesia di Rocco Scotellaro

L’amico Carlo Levi lo ha voluto ricordare raffigurandolo nella immensa opera Lucania 61, conservata a Palazzo Lanfranchi, nel centro storico di Matera, mentre Tricarico, la città natale, ne perpetua la memoria con un centro di documentazione, una targa apposta nella strada della casa in cui nacque e con una serie di piastre coi componimenti del poeta collocate lungo le vie del centro storico del paesino lucano.

Noi lo ricordiamo coi versi finali di una sua poesia (oggi raccolta, come l’intera produzione letteraria dell’autore, nel volume Tutte le opere): Sempre nuova è l’alba.

“Ma nei sentieri non si torna indietro.

Altre ali fuggiranno

dalle paglie della cova,

perché lungo il perire dei tempi

l’alba è nuova, è nuova.”

Antonio Pagliuso

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