Dalla straordinaria vittoria del 1951 di Corrado Alvaro alle illusioni di oggi. Quello degli scrittori calabresi col Premio Strega resta un rapporto mai decollato.
L’orecchio fino lo avverte già, seppur non sia così vicino. È, appena percettibile, l’ultimo conato del Premio Strega, il più importante e ambito premio letterario italiano, nato nel 1947 sulle macerie della Seconda guerra mondiale e che tanto ha dato al risveglio culturale della nuova civiltà italiana appena risorta con l’abito sbrilluccicante della Repubblica.
Ha dato, appunto, verbo coniugato al passato prossimo, ché quel nobile compito e quell’autorevolezza riconosciuta sono svaniti da qualche stagione, sicuramente da quando è partito il processo di allargamento progressivo del corpo votante dei cosiddetti Amici della domenica, vale a dire l’insieme degli scrittori, dei giornalisti, degli artisti, dei personaggi pubblici che propongono i libri nel corso della prima fase preliminare del Premio.
Snoccioliamo qualche dato: nel 2015 le opere presentate nella fase di avvio dei lavori furono 26, 27 nel 2016 e nel 2017, mentre dal 2018, anno in cui furono apportate alcune modifiche al regolamento del Premio, il numero di candidati iniziò a crescere vertiginosamente: 41 furono i testi proposti dagli Amici della domenica in quella edizione, 57 nel 2019, 54 nel 2020, 62 nel 2021, 74 nel 2022, 80 nel 2023, fino a giungere alla cifra record di 82 di questo 2024.
Dal principio della nuova era – il 2018 – a oggi sono raddoppiati i libri e quindi gli autori invitati alla lunga tavola dello Strega, dando forma a un eccesso, finora, comunque privo di benefici per il malconcio panorama letterario e editoriale nostrano, uno stravizio la cui necessità i lettori italiani non avvertono e che forse i posteri potranno identificare come il primo passo verso il baratro del maggiore premio letterario dello Stivale.
Scrittori calabresi al Premio Strega, una storia difficile
Alla buffonata della maxi selezione, l’ipocrita tavolata da ultimo capodanno del millennio da immortalare per apparire – il verbo emblema del Ventunesimo secolo – ospite accogliente, tollerante, generoso, per poi, quando scocca l’ora di fare cenno al drappello di camerieri di avvicinarsi con i succulenti piatti, servirli soltanto agli “amiconi”, quelli che ci sono più utili, quelli che un domani potranno ricambiare l’invito a cena, quest’anno ha preso parte – assieme a tanti altri autori semisconosciuti sotto contratto di editori altrettanto incogniti pure agli addetti ai lavori – Giuseppe Aloe, scrittore nato in Calabria che, purtroppo, probabilmente neppure ha ricevuto le posate del servizio buono e il tovagliolo di stoffa – ché tanto lo sai che fra poco ti accompagniamo alla porta, vero caro?
Di fatti, nonostante la notevole qualità della sua ultima fatica letteraria – Le cose di prima –, Aloe non ha trovato posto nella sala d’onore, quella riservata ai dodici finalisti del Premio, sempre cannibalizzata dagli scrittori rappresentanti i grandi gruppi editoriali e, in generale, l’élite culturale del Paese.
Corrado Alvaro, il solo scrittore calabrese a vincere il Premio Strega
È un caso che non fa eccezione. Di fatti, il rapporto fra il Premio Strega e la Calabria non si può dire di certo idilliaco: in settantotto edizioni fino a questo 2024, soltanto un figlio di Calabria è riuscito a imporsi.
Fu Corrado Alvaro – unanimemente riconosciuto quale scrittore simbolo della regione – che il 1° luglio del 1951, anno della quinta edizione del Premio, trionfò in quella che è passata alla storia come la finale della “Grande cinquina”. Oltre ad Alvaro, vincitore con Quasi una vita, a sfidarsi per il riconoscimento letterario furono altri quattro “mostri sacri” della cultura italiana: Mario Soldati, Carlo Levi, Alberto Moravia e Domenico Rea. Una cinquina di autentici numeri uno dalla quale uscì vittorioso – e in maniera schiacciante – lo scrittore, giornalista e intellettuale nato a San Luca, primo con 81 punti dinanzi a Soldati, secondo con 42.
Bene, bravo, bis! E no, nessun bis, ché sul trono di Ennio Flaiano, il primo vincitore dello Strega, da quel 1951 nessun altro calabrese poggerà più le terga.
Le storie di tutti gli altri scrittori calabresi al Premio Strega
Eppure svariati scrittori della regione ci hanno provato, hanno ricevuto una seggiola, specie negli ultimi tempi, per il pantagruelico simposio a cadenza annuale.
Carmine Abate è fra gli scrittori di maggiore rilievo che hanno preso parte alla gara del Premio istituito nel ’47 dalla comunione di intenti esplosa fra la letterata Maria Bellonci e l’imprenditore Guido Alberti, titolare dell’azienda Liquore Strega. Vincitore nel 2012 del Premio Campiello e di molti altri premi sparsi per l’Italia, lo scrittore di Carfizzi è stato nominato allo Strega nel 2019 con Le rughe del sorriso e nel 2022 con Il cercatore di luce senza però riuscire a entrare in ambedue le occasioni nel salone dei grandi dodici.
Il 2022 fu un anno particolarmente prodigo di sogni stregati, ovvero di illusioni. In quella edizione del Premio, fra le 74 candidature pervenute ben quattro furono Made in Calabria. Oltre a Il cercatore di luce di Abate, anche Terra santissima di Giusy Staropoli Calafati, Macaone di Nicola Longo ed Elsa di Angela Bubba riuscirono a ottenere un posto per il convivio letterario. Fino alla proverbiale curva, chiaramente, ché alla divulgazione della dozzina finalista nessuno dei quattro scrittori risultò ancora presente.
Due tentativi per Angela Bubba
Parentesi su Angela Bubba. La scrittrice di Mesoraca aveva già ricevuto, giovanissima, una candidatura. Era il 2010 e grazie a La casa, suo romanzo di esordio, Bubba riuscì financo nell’impresa di approdare nei magnifici dodici accanto a nomi del calibro di Silvia Avallone, Paolo Sorrentino, Francesco Recami e Antonio Pennacchi, in seguito vincitore della contesa con Canale Mussolini.
La vittoria sfiorata di Rosella Postorino
In tempi recenti ad assaggiare l’ebrezza dello Strega sono stati anche Olimpio Talarico – nel 2020 con Cosa rimane dei nostri amori –, ancora Giuseppe Aloe – conseguì una candidatura anche nel 2012 con La logica del desiderio, spingendosi fino alla dozzina, e nel 2021 con Lettere alla moglie di Hagenbach –, Mimmo Gangemi – sempre nel 2021 con Il popolo di mezzo –, Francesca Veltri – presentata all’edizione del 2023 con Malapace – e Rosella Postorino – scrittrice nata a Reggio Calabria seppur cresciuta in Liguria, che, sempre nell’ultima edizione, giunse a un passo dalla vittoria con Mi limitavo ad amare te, superata soltanto dal caso particolarissimo di Ada d’Adamo, autrice del romanzo premiato Come d’aria, scomparsa tre mesi prima della serata di gala del Museo nazionale etrusco di Villa Giulia.
Il secondo posto di Mario Fortunato nel 2007
Andando un po’ più indietro, troviamo altri momenti di quasi gloria come quello di Corrado Calabrò. Correva l’anno 1999 e il giurista e scrittore di Reggio Calabria entrò nella sestina finalista con Ricorda di dimenticarla, ottenendo poi il gradino più basso del podio. A uscire vincitrice infine fu Dacia Maraini.
Un altro successo sfiorato si registrò nel 2007 con lo scrittore, giornalista e traduttore nativo di Cirò Mario Fortunato, secondo con I giorni innocenti della guerra dietro al vincitore Niccolò Ammaniti.
Nel 2017 Appunti di meccanica celeste di Domenico Dara si appalesò nei 27 candidati dell’annata che coincise con il successo di Paolo Cognetti, mentre nell’elenco dei 26 nomi presentati nel 2015 trovarono spazio ben due scrittori dell’ultimo lembo della Penisola: Dante Maffia di Roseto Capo Spulico e Vins Gallico da Melito Porto Salvo, estremo Nord ed estremo Sud della regione. Col suo Final cut, Gallico riuscì a irrompere anche nella dozzina, ma non nelle ultime due fasi che si conclusero con la bottiglia di Strega nelle mani di Nicola Lagioia.
Calabria, terra senza amici degli amici
Fra scambi di piaceri, favoritismi, compromessi e ogni sorta di intrallazzo sullo schema dell’“amichettismo” profetizzato da Fulvio Abbate, il Premio Strega si conferma, anno dopo anno, il premio più discusso del Paese. Singolare è che da queste perverse baruffe la Calabria, sovente indicata come milieu di inciuci, terra degli amici degli amici degli amici, ne esca praticamente immacolata.
È così che da Corrado Alvaro in poi nessun calabrese è riuscito più a brindare con la bottiglia dell’iconico liquore al gusto di cannella, ginepro e zafferano. Ma proviamo a vedere il bicchiere – di Strega, ovvio – mezzo pieno: magari quando accadrà, quando saremo invitati a recitare il brindisi finale, sarà ancora più gustoso. Il detto che il vino più invecchia e più migliora varrà mica anche per i liquori?
Foto di Corrado Alvaro di pubblico dominio condivisa via Wikipedia
Antonio Pagliuso