Vinicio Momoli e le sue opere senza tempo, testimonianza di un futuro passato

Polimeri, gomme, acciaio e corten: sono questi i materiali trattati, forgiati con una procedura esecutiva primigenia e utilizzati da Vinicio Momoli, protagonista della mostra Timeless. Manufatti di un futuro passato.

L’artista di fama internazionale rivela un amore viscerale per la materialità delle sue opere, caratterizzate dall’uso di colori naturali che non si sovrappongono artificiosamente alla materia, ma la esaltano distribuendosi sulle superfici senza un progetto prestabilito, seguendo il flusso di coscienza dell’artefice. Momoli sembra voler costruire il senso delle sue realizzazioni operando in simbiosi con il pubblico, mettendolo al centro del suo interesse. Egli stesso ha dichiarato di non aver voluto fornire una illustrazione teorica e programmatica delle sue opere, proprio per far sì che ciascuno possa fruirne in piena autonomia e libertà.

I lavori di Timeless. Manufatti di un futuro passato – esposti fino al termine di gennaio al Museo archeologico lametino di Lamezia Terme – sono a metà tra pittura e scultura, poiché, nonostante siano appesi come dei veri e propri quadri, aggettano sovente nello spazio. Lo spazio interno delle opere, anche se non può definirsi come tridimensionale, acquista molte volte spessore spaziale. Questo sia grazie all’uso del colore impiegato talvolta con accostamenti fortemente contrastati, talaltra tono su tono e steso su diversi piani che si sovrappongono, sia grazie alla trattazione differenziata della texture delle superfici. Questa profondità che così viene a sostanziarsi e che scandisce gli spazi interni alle opere come successione di piani intersecantisi può essere considerata eloquente metafora del pensiero dell’autore che ha voluto intercettare e intrecciarsi a quello dello spettatore per dare origine a un fecondo territorio liminare posto tra la propria sensibilità e quella degli altri.

Come recita lo stesso titolo della mostra, l’opera di Vinicio Momoli è senza tempo perché libera da qualsiasi dipendenza da personalità a lui esterne: i suoi lavori si nutrono dell’arte in sé e per sé, attingono propriamente all’essenza dell’arte che non ha tempo, rispetto alla quale il Momoli cerca una corrispondenza col suo approcciarsi, in ultima analisi, alla vita.

Tuttavia nella sua arte sono in qualche modo riconoscibili dei riferimenti, pur nella sua totale autonomia esecutiva: da un lato il Minimalismo, dall’altro la Process Art o Anti-form. Dal primo egli ricava una connotazione statica, ravvisabile nella consistenza cromatica e nelle campiture larghe e piatte che caratterizzano la serie di opere intitolate Piani (di) colore. Dalla seconda guadagna un carattere più dinamico, rivolto all’interesse per la performance esecutiva, per il divenire della materia plasmata dalla sua mano: è il caso della serie di opere chiamate Fermenti cromatici o Espansioni materiche.   

Se il Momoli è un grandissimo appassionato della vita, alla ricerca continua di autentico contatto con gli altri, la sua arte è altrettanto frutto di una sua immedesimazione panica con la materia, del suo mettersi all’ascolto di ciò che non è dotato naturalmente della parola, ma che ha parimenti una sua voce, diventandone reverente e mirabile interprete.   

Come detto, l’esposizione è ospitata al Museo archeologico lametino di Lamezia Terme, curata da Emanuele Bertucci e coordinata dall’amministrazione del Comune di Lamezia Terme, dalla direzione dell’istituto culturale e da Giovanna Adamo, presidente dell’associazione culturale Arte&Antichità Passato Prossimo.

Teresa Gaetano