Alda Merini 2021Foto di Marco Trovò condivisa via Flickr con licenza CC BY-NC-ND 2.0 (link da incollare: https://www.flickr.com/photos/marcotrovo/45610365195)

Alda Merini è nata oggi. Era l’esordio di una primavera lunga novant’anni. Una stagione di tumulti ed emozioni che non avrà mai fine. Una primavera di tempesta, di buio e di dolore, al contempo taboccante di fiori “con stelo e linfa”, con colori e profumi.

È una primavera allestita con parole, versi e tinte forti. Una primavera che è stata sia silenzio sia frastuono. Sia gioia sia paura. Una primavera, quella interminabile di Alda Merini, che continua a essere fiamma ardente.

La poetessa è nata oggi e non ha mai smesso di vivere in virtù di quella difficoltà che aveva di abbandonare la terra dove aveva messo radici. Molti hanno tentato di spezzarla, di risucchiarle la linfa sradicandola dalla sua stessa esistenza. Loro malgrado e per la fortuna dei posteri, quegli intenti non hanno raggiunto il compimento.

Venuta al mondo in una modesta famiglia meneghina, Alda Merini era la seconda di tre figli. La più forte e la più fragile come incarnazione vivente di un ossimoro. Fu una brillante studentessa fin dai suoi primi approcci scolastici, tuttavia la guerra e la grettezza del comune sentire le impedirono di proseguire negli studi che più si confacevano alla sua vocazione letteraria. Ciononostante scrisse e fu curiosa. E divorò la vita così come le si presentava: cruda e acerba.

Nel 1947, la sedicenne Alda Merini ebbe la prima diagnosi di disturbo bipolare e fu internata per circa un mese in una clinica psichiatrica. La poesia aveva però già pervaso i suoi sogni d’adolescente: l’anno prima aveva infatti esordito grazie al sostegno di Giacinto Spagnoletti.

Alda Merini non smise di scrivere. La poesia era il filo d’Arianna delle sue contorte emozioni. La inseguiva e ne era inseguita. Nel 1945 convolò a nozze con Ettore Carniti. Probabilmente il novello sposo era un brav’uomo incapace di comprendere a pieno la complessità psichica e intellettuale della giovane consorte. A lui la Merini fu legata fino al 1981, anno in cui rimase vedova. I primi anni di matrimonio furono sereni, la stessa Alda Merini si descrisse come una moglie e una madre felice. Una madre di quattro figlie. Tuttavia qualcosa andò storto già dopo la seconda gravidanza. Oggi la chiameremmo depressione post-partum. All’epoca l’unica soluzione parve un nuovo internamento.

La penna di Alda Merini tacque all’incirca fino al 1979. Quando riprese a scrivere, in un certo senso riprese anche a vivere. Ci fu un nuovo matrimonio e la poetessa iniziò a raccontare dei suoi anni in manicomio e delle sue figlie il cui amore temeva di non meritare. Quelle parole nuove raccontavano il silenzio degli anni da “pazza”, da diversa.

Nei suoi versi, Alda Merini impresse ciò che ancora aveva dentro e che scalpitava per uscire. E continuò per anni a riversare nella poesia il proprio universo interiore. Scrisse nonostante la povertà, l’oblio, l’abbandono e quel tumore alle ossa che le strappò l’ultimo respiro nel novembre del 2009.

Tant’è che i suoi anni di follia e poesia risplendono ancora in versi immortali. Attraverso le sue parole incontriamo in definitiva l’anima di una donna che aveva capito fin troppo circa un mondo che non era mai riuscito a ricambiarle il favore.

Foto di Marco Trovò condivisa via Flickr con licenza CC BY-NC-ND 2.0