Il Premio Nobel per la Pace va a... Mussolini, Hitler e Stalin

Premi Nobel per la Pace, tutti i vincitori e le nomine più controversi, da Arafat a Obama, da Mussolini a Hitler.

Ottobre è da anni il mese dei Premi Nobel, gli ambiti riconoscimenti istituiti in seguito alle ultime volontà di Alfred Bernhard Nobel (1833-1896), che spaziano dalla letteratura alla fisica, dall’economia alla pace. Proprio il Nobel per la Pace è quello che conserva una sua particolarità rispetto agli altri; è infatti l’unico non consegnato a Stoccolma, sede del premio, bensì a Oslo. Inoltre, non è scelto dall’Accademia svedese, ma è il solo a venir deciso dal Comitato per il Nobel norvegese.

Soprattutto, tra tutti, il premio per la Pace è quello che non sempre è stato salutato con una cascata di petali di rose, ma che sovente è stato invece accompagnato da polemiche.

Premio Nobel per la Pace 2021

Alcuni in questi giorni avranno storto il naso dinanzi al rumor che voleva la amatissima da taluni, odiatissima da talaltri, Greta Thunberg, tra i possibili favoriti al successo finale per le sue annose battaglie per l’ambiente e per la “giustizia climatica”, reiterate con forza durante gli ultimi faccia a faccia – anzi, muso a muso – con alcuni degli uomini più potenti del mondo, come il nostro Presidente del Consiglio Mario Draghi.

I commenti si sono sprecati una volta divulgata la notizia. In molti hanno rinverdito l’opinione diffusa che la giovinetta svedese sia abilmente manovrata da chissà chi, i misteriosi “poteri forti”; altri, forti di una memoria meno concentrata esclusivamente sul presente, la hanno presa con filosofia sostenendo che dopo aver visto personalità quantomeno discutibili ricevere il premio, non ci si potrebbe meravigliare più di nulla. Sono opinioni, da accettare.

La vittoria, infine, è andata ai giornalisti Maria Ressa, filippina, e Dmitry Muratov, russo, per il loro forte impegno nella difesa della libertà di stampa; ed è così che le polemiche – quelle già cominciate e quelle ai blocchi di partenza – sono evaporate in un batter d’occhio.

Il punto è che il Premio Nobel per la Pace non è certo da oggi che provoca simili discussioni; anzi, è sempre stato quello più al centro delle polemiche per le scelte dei vincitori ma anche per i nomi che sono stati in corsa per l’insigne riconoscimento. E, in specie in quest’ultima sezione, ce ne sono da far tremare i polsi, letteralmente.

I Nobel per la Pace più controversi

Partiamo dai Nobel vinti e dal 1978 quando il titolo per la Pace andò ad Anwar al-Sadat, presidente dell’Egitto, tra i protagonisti della rivoluzione egiziana del 1952, quella che fece crollare la monarchia. Il premio – ex aequo con il Premier israeliano Menachem Begin – arrivò cinque anni dopo la guerra del Kippur (anche nota come guerra del Ramadan) tra Israele e una coalizione araba capeggiata da Egitto e fortemente voluta da al-Sadat. Negli ultimi anni, il presidente egiziano fu promotore di una grande censura sulla libertà di stampa e finì assassinato da un terrorista islamico nel 1981.

Un nome certamente discusso, forse però meno rispetto alla triade, maturata sempre nel mondo arabo-israeliano, che trionfò nel 1994.

Shimon Peres, Yitzhak Rabin e Yasser Arafat, tutti d’un fiato; ministro degli Affari Esteri di Israele e futuro primo ministro e capo di Stato il primo, Premier d’Israele e già ministro della Difesa il secondo, presidente dell’organizzazione per la liberazione della Palestina e autentico simbolo della causa palestinese il terzo.

Il premio fu conferito ai tre uomini per “i loro sforzi per creare la pace in Medio Oriente” e in particolare per l’opera di diplomazia svolta a favore della rappacificazione dei popoli che occupavano i territori di Cisgiordania e della Striscia di Gaza e della creazione di uno stato palestinese. Volontà suggellate dagli accordi di Oslo del ’93, ma, come sappiamo benissimo noi posteri, mai giunte a una completa, e neppure parziale, realizzazione.

Il Premio Nobel per la Pace va a... Mussolini, Hitler e Stalin
I Nobel per la Pace 1994: Yasser Arafat, Shimon Peres e Yitzhak Rabin
Foto di Government Press Office (Israel) condivisa via Wikipedia con licenza CC BY-SA 3.0

Non si può parlare di Medio Oriente senza chiamare in causa gli Stati Uniti d’America, perciò come dimenticare tre personalità importanti – e discusse e discutibili – della storia a stelle e strisce del XX e XXI secolo insigniti del Premio Nobel per la Pace: Jimmy Carter, presidente degli Stati Uniti dal 1977 al 1981 e grande sostenitore della Guerra Fredda (per dirne una, sostenne il boicottaggio della XXII Olimpiade di Mosca 1980), Al Gore, vicepresidente degli USA durante la presidenza Clinton, propugnatore delle campagne militari in Iugoslavia e Iraq, e Barack Obama.

Il premio al quarantaquattresimo presidente degli USA giunse nel 2009, oltremodo inaspettato, soltanto dopo nove mesi di presidenza. La motivazione fu la seguente: “Per i suoi straordinari sforzi per rafforzare la diplomazia internazionale e cooperazione tra i popoli”. Tutto molto bello, peccato che al Nobel per la Pace seguirono la cattura e l’uccisione di Osama bin Laden, capo di Al Qaida, l’organizzazione terroristica artefice degli attentati dell’11 settembre 2001, e l’intervento militare statunitense contro lo Stato islamico in Iraq e in Siria.

Il “gran rifiuto” del 1973

Un altro importante politico statunitense, Henry Kissinger, riceverà il premio nel 1973, ma quell’edizione sarà ricordata per un caso unico: il “gran rifiuto” del Nobel per la Pace.

Dante Alighieri lo avrebbe con tutta probabilità – e stoltamente – abbandonato alle vespe e ai mosconi dell’Antiferno, assieme agli ignavi, ma il rifiuto di Lê Đức Thọ fu circostanziato e sostenuto da gran parte del mondo. In quel 1973, quando la guerra del Vietnam imperversava oramai da quasi vent’anni, il giovane rivoluzionario vietnamita, tra i fondatori del Partito comunista indocinese, rifiutò con fermezza l’assegnazione del titolo, pervenutagli al fianco di Kissinger, segretario di Stato degli States. La motivazione evidenziava gli sforzi compiuti dai due politici per il cessate il fuoco e il ritiro delle milizie statunitensi dal Paese asiatico, ma Lê Đức Thọ, non se la sentì di accettare e ritirare il premio, asserendo che nel suo paese la pace non era ancora stata stabilita.

Aveva ragione: la fine della guerra, infatti, giunse ufficialmente soltanto due anni dopo.

Da Hitler a Stalin, le nomine ai Nobel per la Pace che non ti aspetti

Il Nobel per la Pace – o per la guerra?, si potrebbe dire, a questo punto – vede non solo vincitori, ma anche personalità entrate in lizza per l’assegnazione e poi scartate. E tra questi ce ne sono davvero da strabuzzare gli occhi o quantomeno credere a un errore di battitura del redattore.

Era il 1935 e tra i candidati al Premio Nobel per la Pace figurava il nome di Benito Mussolini, il duce d’Italia che proprio al termine di quell’anno aveva dato il via alla Guerra d’Etiopia, momento determinante per la nascita dell’Impero e principio della caduta nell’abisso del Paese. Dopo la Libia, l’Etiopia, l’Eritrea e la Somalia, Mussolini non riuscì a mettere le mani pure sul Nobel; per la cronaca, il premio di quell’anno andò poi a al giornalista tedesco e oppositore politico Carl von Ossietzky.

Contro chi lottava Carl von Ossietzky, morto di tisi in carcere nel 1938? Contro l’ascesa del partito nazionalsocialista di Adolf Hitler. Ed è proprio il Führer il protagonista di quella che è la nomina al Nobel per la Pace più controversa della storia.

Correva il famigerato 1939. Nell’anno dell’occupazione tedesca della Cecoslovacchia e della seguente invasione della Polonia e quindi dello scoppio della Seconda guerra mondiale, il deputato svedese Erik Brandt, presentò il nome di Adolf Hitler per l’imminente Nobel per la Pace. La scelta di Brandt – una provocazione, spiegheranno, un po’ maldestramente, anni dopo dal Comitato per il Nobel – entusiasmò il popolo nazista, ma sconcertò il resto d’Europa che stava già provando la paura per le idee e azioni aggressive e la frenesia di allargare il proprio lebensraum, lo spazio vitale, del cancelliere tedesco. Hitler non ricevette il premio, anzi, lo fece saltare del tutto dato che con l’avvio del Secondo conflitto mondiale il premio andò in letargo fino al 1944.

il-premio-nobel-per-la-pace-va-a-mussolini-hitler-e-stalin
Foto di U.S. Signal Corps photo. – http://hdl.loc.gov/loc.pnp/cph.3a33351 di pubblico dominio condivisa via Wikipedia

Abbiamo parlato di Mussolini, abbiamo parlato di Hitler, ne manca uno per chiudere il trittico del terrore. È Iosif Stalin. Anche l’altro grande dittatore del Novecento, infatti, ricevette due nomine per il Nobel per la Pace, e fu quello che verosimilmente ci andò più vicino.

La prima si verificò nel 1945 con la fine della guerra, al termine della quale la Guida si sedette al tavolo dei vincitori nella celebre conferenza di Yalta. La motivazione? Per gli sforzi compiuti da Stalin allo scopo di far cessare il fuoco bellico. Quell’anno il premio andò, però, a Cordell Hull, cofondatore dell’ONU, ma c’è da credere che tra i due fu un vero testa a testa.

Stalin bissò nel 1948, ma quell’anno il candidato principale era Gandhi, già in corsa da numerosi anni. L’assassinio del Mahatma, però, avvenuto il 30 gennaio 1948, portò il Comitato a decidere di non conferire il premio per quell’anno, “poiché non c’era alcun candidato idoneo vivente”, alludendo, perciò, al fatto che il Nobel non prevedeva un’assegnazione postuma e quindi all’impossibilità della consegna del premio a Gandhi. La Grande Anima rimase così soltanto vincitore morale, entrando comunque nella discussa storia del Premio Nobel per la Pace. Un premio che non trova… Pace.

Antonio Pagliuso

Foto di Bundesarchiv, Bild 146-1969-065-24 condivisa via Wikipedia con licenza CC-BY-SA 3.0