Recensioni: “Foglie sparse” di Alessandra Jatta

Foglie sparse (Voland, 2022) di Alessandra Jatta è il romanzo di un popolo, dei suoi protagonisti. “Foglie (…) pronte a cadere insieme al Grande Paese.” 

Tra il 25 e il 26 ottobre 1917 – secondo il calendario giuliano usato in Russia, di tredici giorni in anticipo sul nostro gregoriano – prendono forma gli eventi che porteranno alla nascita della Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa, nucleo di quella che nel 1922 sarebbe stata l’URSS, l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche. Il primo atto della rivoluzione era stato l’arrivo, il 3 aprile 1917, di un treno speciale a Pietrogrado: il vagone piombato con cui Vladimir Lenin, carismatico capo del partito bolscevico e teorico del comunismo, tornava in patria dopo anni di esilio, con l’obiettivo di guidare la scena politica russa come da lui stesso scritto nelle Tesi di aprile, in cui teorizzava una necessaria svolta proletaria al processo rivoluzionario in corso, tenendo conto dei risultati della precedente Rivoluzione di febbraio che aveva costretto all’abdicazione lo zar Nicola II.

La Grande guerra e l’abolizione della servitù della gleba ancora lenta a farsi largo fra le abitudini dei nobili, i Soviet, l’Armata Bianca e l’Armata Rossa sono lo scenario in cui si susseguono le pagine di Foglie sparse, il romanzo di Alessandra Jatta edito da Voland.

Come foglie sparse nel tornado della Rivoluzione

Conosceremo la famiglia Olsufiev – anche attraverso le foto e gli stralci originali di diari e documenti –, la loro storia personale che viene stravolta dallo scoppio della Rivoluzione d’ottobre del 1917. Olga Pavlovna è fiera e altera come ogni nobildonna russa che si rispetti, vive i suoi privilegi dandoli per scontati: la tenuta in campagna dove vive ritirata con i figli e la suocera in attesa che il marito torni dal fronte, la villa a Firenze dove ha trascorso i giorni più felici e la residenza moscovita. I gioielli. Tanti. Saranno le pietre preziose incastonate in diademi e collane ad accompagnarci nella lettura: oggetti che diventano preziosi più che mai quando, da bene di lusso, diventano merce di scambio per la sopravvivenza. Una ricchezza materiale che deve cedere il passo al ricordo dei tempi che furono: i balli alla corte dello zar e le amicizie con le personalità più in vista, le chiacchiere da salotto e le leggende che adesso possono essere utili solo per convincere i bambini ad andare a letto senza fare i capricci.

La fuga verso l’Italia e il nuovo inizio

Tutto ciò che appare ovvio, nell’arco di pochi giorni, non lo è più: luoghi, tempi, volti. La Rivoluzione cambia il destino della famiglia Olsufiev di cui vedremo perdere man mano ogni fasto del passato, una discesa nella scala gerarchica sociale, fino alla fuga che la condurrà alla salvezza in Italia.

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Una nuova generazione che si affaccia, contemporanea, conclude il romanzo riannodando i fili del discorso e ci restituisce il risultato di quella fuga: un popolo, quello russo, fiero e mai domo ma fragile come le uova Fabergé che nonna Aleksandra regala alle nipoti perché non dimentichino mai l’orgoglio della Madre Patria, dove tutto ha avuto inizio e fine. La fine di una vita che deve ricominciare altrove per poter continuare a essere se stessa.

Letizia Cuzzola