Strehler teatro

Poco si conosce della liaison artistica tra il regista di fama mondiale Giorgio Strehler e il commediografo del XVIII secolo, Carlo Goldoni. Parliamo infatti di un teatro rimasto incompreso, lasciato “dietro le quinte” per molti secoli. Almeno fino al momento in cui Strehler lo ha portato alla ribalta, rispettandone l’essenza ma rivisitandolo: la Commedia dell’Arte.

Il fil rouge che accomuna i due autori, spingendo Strehler ad interessarsi al teatro comico di Goldoni, nasce dalla loro comune passione verso l’uomo nella sua interezza: l’uomo e la società, l’uomo e sé stesso. L’uomo e la storia.

 Goldoni è stato una specie di fratello maggiore col quale ho parlato tante sere, in una stanza, mangiando qualcosa e bevendo un po’ di vino e giocando spesso a carte. […]

Mi ha sempre aiutato a cercare il mondo, l’uomo e a guardarlo con curiosità, amore e ironia in tutto il suo affanno. Mi ha insegnato un amore implacabile per il teatro.

 

Ai tempi della gioventù di Strehler, dire che si sarebbe rappresentata un’opera di Goldoni in un teatro italiano significava ritrovarsi con un teatro vuoto. La sua è stata una battaglia contro i luoghi comuni che dipingevano Goldoni e il suo teatro. Una battaglia ben giocata, dato che le pièces di Strehler ebbero un successo mondiale e continuano ad essere rappresentate.

Strehler teatro vuoto

È il caso dell’Arlecchino servo dei due padroni del 1947. Si tratta di un successo dura da oltre 70 anni sulle scene teatrali. L’opera è stata rappresentata dalla Russia agli Stati uniti, dalla Finlandia alla Nuova Zelanda, dal Brasile al Giappone.

Il motivo di tale apprezzamento è la reinterpretazione della tradizione goldoniana attraverso l’escamotage del metateatro. Il pubblico si trova davanti la vita dei fuori scena, per cui in una pedana centrale si recita il Goldoni e al di fuori si vedono gli attori che tolgono la maschera, i commenti tra di loro, qualche rivalità e così andando avanti.

Strehler aveva questa capacità di approfondimento dell’animo umano, come fosse uno psicanalista. Ne sapeva raccontare anche le cattiverie e le tragedie ma con un’estrema leggerezza: un altro fil rouge con Goldoni.

Strehler maschera teatrale

Il tutto sempre condito da uno sfondo sociale, quel gioco delle classi che tanto Goldoni osservò avvicendarsi sul palcoscenico della storia. Da una parte c’era la nobiltà verso il declino che lasciava spazio alla borghesia, e dall’altra il popolo minuto, il sottostrato.

In questo quadro ritroviamo Il campiello, messo in scena da Strehler dal ‘75 al ’79, storia popolare che si svolge a Venezia, in un piccolo campo (da cui il titolo), spaccato sociale di gente che vive di nulla, e Le Baruffe Chiozzotte, grande commedia d’amore, in cui vi sono in gioco rapporti molto semplici e allo stesso tempo molto complessi, proprio com’è la vita.

Strehler volto teatro

Da queste rappresentazioni, il pubblico riceve un messaggio di mutabilità della vita umana e della bontà che esiste nell’uomo e che, nonostante le difficoltà, nonostante i litigi, le “baruffe”, alla fine gli uomini possono amare le donne, le donne possono amare i loro uomini, fino al giorno dopo.

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Forse alla fine il successo di Strehler era proprio il suo legame profondo con la vita e con il teatro. Due elementi che si sovrapponevano e si intersecavano continuamente; eros che riuscì a trasmettere ai suoi attori e nelle sue rappresentazioni.

Lo dico sempre ai miei allievi. Datevi alla vita. Generosamente, cercate di non chiudervi dentro voi stessi, perché ricordatevi che anche se vivrete con le spalle contro il muro in un angolo, così, vi faranno forse meno male ma avrete vissuto malissimo, avrete vissuto una vita orribile. Dandovi, credendo, prenderete delle ferite terribili, vi faranno delle cose spaventose, però alla fine sarete stati vivi, sarete stati feriti.

Martina Spena

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