Recensioni: “Holly” di Stephen King

Chi è aduso all’universo letterario di Stephen King ha già sentito parlare di Holly Gibney. E ben ricorda di averne già letto nella trilogia dello scrittore del Maine che ha come protagonista Billy Hodges: Mr. Mercedes, Chi perde paga, Fine turno. E, anche dopo la trilogia, la troviamo ancora in The Outsider e nel romanzo breve Se scorre il sangue.

Holly, feticcio letterario di Stephen King

Holly, così, ha preso pian piano piede nel mondo kinghiano. “Non avrei mai potuto lasciare andare Holly Gibney – afferma l’autore stesso – Doveva essere una comparsa in Mr. Mercedes e ha finito per conquistare la scena e il mio cuore.” E anche buona parte dei suoi lettori.

Holly Gibney non è, forse, un personaggio che brilla per simpatia, ma sicuramente è uno dei più caratterizzati: una donna di mezza età che non si perdona di essere una fumatrice incallita, ipocondriaca e con pesanti fragilità psicologiche derivanti dal rapporto con la madre e da traumi infantili. È una detective sbilenca, un’eroina extra ordinem e proprio per questo meravigliosamente attuale, contemporanea. Finalmente Holly è tornata e queste 512 pagine sono tutte sue.

Holly di Stephen King – appena uscito in libreria per Sperling&Kupfer con la traduzione di Luca Briasco – è sicuramente un romanzo altamente disturbante, potente, un luogo oscuro in cui, come sempre, magistralmente, il Re ci accompagna. Ma questa volta – un po’ come ai tempi in cui l’autore usava lo pseudonimo di Richard Bachman – lascia fuori dal racconto il soprannaturale per meglio descrivere le nefandezze che albergano il cuore umano. Nessun alibi, nessun conforto dal mondo dell’orrore.

La trama fortemente attuale di Holly di Stephen King

Siamo nel luglio del 2021. Lo scenario in cui si tesse la storia – è importante sottolinearlo – è quello di un Paese smarrito, schiacciato dalla pandemia, diviso tra pro vax e no vax, dove impera l’incertezza politica tra sostenitori di Joe Biden e di Donald Trump (l’autore non manca di prendere posizione contro il Tycoon attribuendogli buona parte delle responsabilità di aver inculcato nella popolazione la convinzione che il virus non esistesse) e dove l’assistenza sanitaria è a dir poco al collasso e la polizia pecca di superficialità e razzismo.

In questo contesto si muove la nostra protagonista – una detective, titolare, insieme al suo socio Pete, dell’agenzia investigativa Finders Keepers (ereditata da Billy Hodges) – con i suoi pantaloni cargo e le sue imperfezioni.

Holly Gibney sta ancora cercando di elaborare il lutto di sua madre, morta da pochi giorni a causa del covid, quando riceve la telefonata disperata di Penny Dahl che, dopo le fallimentari indagini della polizia, ha deciso di rivolgersi a Holly per ritrovare sua figlia Bonnie, misteriosamente scomparsa da qualche settimana. Nonostante le iniziali reticenze, Holly accetta il caso.

I diabolici Harris

Le indagini si riveleranno molto complesse e la porteranno a scoprire una serie inquietante di altre sparizioni avvenute in quella che sembra una tranquilla cittadina del Midwest. A pochi isolati dal luogo in cui è sparita Bonnie vivono i rispettabilissimi professori emeriti Rodney ed Emily Harris, inoffensivi (in apparenza) ottuagenari che nascondono un luogo orribile nello scantinato della loro bella casa vittoriana.

Nel romanzo conosceremo dettagliatamente la diabolica coppia, responsabile, come si evince già dalle primissime pagine del racconto, di tutta una serie di misteriosi rapimenti.

Con l’aiuto dei sempre presenti amici Jerome e Barbara e anche della poetessa centenaria Olivia – che fornirà loro una serie di elementi determinanti – Holly riuscirà a fermare il loro perverso piano criminale arrivando alla scoperta della agghiacciante verità che rivelerà l’egoismo, il cinismo e la perversione dei “villain”.

“Ma Roddy ed Emily Harris erano ancora peggiori. Perché? Semplice: perché non c’era niente di soprannaturale in loro. Perché non era possibile affermare che il male che avevano commesso provenisse dall’esterno e trarre conforto dall’idea che, se fuori di noi albergano forze maligne, esistono sicuramente anche forze votate al bene. Il male commesso dagli Harris è stato al tempo stesso prosaico e stravagante, come quando una madre impazzita infila il figlio neonato nel forno a microonde perché non la smette di piangere, o quando un ragazzino di dodici anni armato di fucile ammazza cinque o sei compagni di classe.”

Queste sono le parole che Stephen King affida a Holly per spiegarci che non sempre esiste un El Coco, il mostro mutaforma, un Uomo nero, ma che nella eterna lotta tra bene e male, spesso, l’essere umano e ciò che la sua mente ostaggio della cattiveria può generare sono molto più spaventosi del peggiore dei mostri.

Emanuela Stella