Recensioni: Libri di Luigi Mascheroni

No, i libri non ci rendono delle persone migliori, più virtuose e sensibili. E non sarebbe male neppure ogni tanto rifarsi al “Non l’ho letto e non mi piace” di Vanni Scheiwiller anziché leggere per il solo gusto di farlo. In Libri (pubblicato da Oligo Editore), Luigi Mascheroni ci apre gli occhi sulle menzogne e la retorica che circondano il mondo dei libri.

Il titolo è Libri, il sottotitolo è Non danno la felicità (tanto meno a chi non li legge). Parliamo del pamphlet di Luigi Mascheroni, giornalista de «Il Giornale» e insegnante di giornalismo culturale alla Cattolica di Milano, appena pubblicato da Oligo Editore.

 “Curiamoci con la cultura.” “I libri sono miracolosi.” “I libri ci salveranno.” “Leggere apre la testa.”

Belle frasi, diffuse a caso e sulle colonne cartacee e su quelle digitali, slogan pronunciati però spesso da chi di libri ne legge sì e no uno all’anno o da chi per vendere dieci o cento copie del suo nuovo romanzo, magari  autopubblicato, baratterebbe sorelle e camicia. Ma sono condotte che non devono stupirci, d’altra parte, noi lo sappiamo, i libri non rendono migliori. E su questo principio si fonda Libri, il nuovo saggio di Luigi Mascheroni.

Come specifica l’autore fin dalla prima pagina di questo elegantissimo libruccio, di poche decine di pagine sì, ma ricchissimo di spunti e riflessioni, ci sono certamente un sacco di brave persone che lavorano e vivono in serenità coi libri, è vero, esistono senza dubbio i buoni lettori, ma ci sono, e sono in maggioranza, anche centinaia e migliaia di cialtroni che usano il mezzo libro a loro vantaggio o, colmi di letture fino alle punte dei capelli, mandano ugualmente e senza scrupoli a rotoli il nostro paese.

Basta voltare il capo poco indietro, allo scorso secolo, per avere eccellenti esempi di grandi mascalzoni che erano allo stesso tempo inguaribili amanti dei libri. Luigi Mascheroni cita Adolf Hitler che, frattanto che metteva a punto le bücherverbrennungen, i terribili roghi di libri che nel 1933 illuminarono le buie notti tedesche, leggeva un libro a notte; cita Iosif Stalin, famoso per le sue purghe e l’ostilità verso grandi nomi della letteratura russa – Bulgakov, Bunin, Cvetaeva, Mandel’štam e Achmatova – e patito di libri e autore, in gioventù, di apprezzate poesie tanto che per un attimo si trovò dinanzi al bivio se procedere verso la strada dello spietato e perfetto dittatore o quella del poeta sensibile e incompreso.

Questo per dare un’idea di quanto le persone che più si sono rivelate maldisposte al libro non siano state di certo compagini di analfabeti e oscurantisti, ma uomini di cultura, colti e intelligenti, supponenti e narcisisti. Per fare un esempio ulteriore, il famoso Index librorum prohibitorum, l’Indice dei libri proibiti, non fu ideato da un pecoraio o da un cartonaro, ma da Giovanni Della Casa prima, arcivescovo cattolico e grande letterato, più famoso per la realizzazione del Galateo, e Paolo IV poi, duecentoventitreesimo papa della Chiesa cattolica.

L’autore riflette sulla retorica che circonda il mondo dei libri, per Mascheroni oramai smascherata. L’elogio del libro, cosa buona già solo per il fatto di esistere, è dannoso e offensivo per “chi scrive e pubblica veri libri”.

No, non possono esserci ogni anno decine di libri eccezionali e non devono esserci; d’altronde quale ansia e pena potrebbe trasmetterci sapere che tutti i settantamila circa libri pubblicati in Italia ogni anno siano capolavori e noi siamo riusciti a leggerne, da lettori forti quali siamo, appena una o due dozzine? E bastevoli pure data l’enorme invasione perpetrata da quelli che Raffaele La Capria chiama gli “scrittori alieni” – i giornalisti, i cantanti, gli attori, i calciatori, gli chef, le soubrette, i politici, i virologi e immunologi (aggiunta salace del redattore) –, spesso e volentieri sostenuti pesantemente da professionisti della scrittura fantasma, i cosiddetti ghostwriter, nelle sovraffollate librerie e negli asfissianti supermercati del libro dello Stivale.

Quindi tanto vale fare proprio il “Non l’ho letto e non mi piace” di Vanni Scheiwiller e affinare la nostra capacità di scegliere non già quali libri leggere – che sarebbero comunque pochi – ma quali non leggere. Ecco, forse, il profilo del vero lettore.

“No: i libri non sono tutti uguali. No: non tutti i libri valgono la pena di essere letti. No: l’importante non è leggere.”

Nel corso della celere lettura, si fa presto a spostarsi sui temi attualissimi del politicamente corretto o scorretto e della cancel culture, per l’autore esclusivamente dei “movimenti ferocemente censori che provengono dall’alta accademia e dai college anglosassoni non dalle retrovie analfabete alla periferia del mondo”.

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Mascheroni si guarda bene dal mescolare un bestseller di una stagione al classico che vende e va in ristampa ininterrottamente da un secolo e più e compone un saggio che, a primo acchito, può apparire un libro contro i libri, ma che è in vero un libro contro i lettori e autori dannosi e chi si serve del meraviglioso oggetto culturale libro per camuffare le proprie meschinità.

Antonio Pagliuso