Il tempo pietrificato di Osip Ėmil’evič Mandel’štamBy ОГПУ при СНК СССР - ЦА ФСБ РФ. Ф. Р-33487, Public Domain, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=24835234

Nasceva il 15 gennaio 1891, centotrenta anni fa, Osip Mandel’štam. Il poeta russo si oppose al regime di Stalin e per questa ragione fu confinato in un gulag nei pressi di Vladivostok, dove morì.

Il 15 gennaio 1891, centotrenta anni fa, nasceva a Varsavia (all’epoca facente parte dell’Impero russo) Osip Ėmil’evič Mandel’štam.

Scriveva poesie fin dall’età scolare, ma una gli costò la vita. Poeta, prosatore, traduttore, saggista, teorico, Mandel’štam, come Anna Achmatova, era per formazione e per concezione della poesia una personalità ostile ad accettare i dettami dall’alto su come e cosa si dovesse scrivere. Secondo loro, la voce del poeta è estranea alla congiuntura storico-politica-sociale. La poesia è una forma d’arte eterna, alta e altra rispetto alle vicissitudini quotidiane della dimensione politica. Tutti possono trovare in essa salvezza e rifugio proprio in quanto arte. Mandel’štam non entrò mai dunque in quel possente coro del consenso che si levò negli anni Trenta intorno a Stalin. Fu proprio questo a causargli numerose difficoltà.

Aveva accettato a suo tempo i principi della Rivoluzione d’ottobre (seppur senza mai accogliergli con entusiasmo) ma disapprovava in modo assoluto i principi e i metodi staliniani, tanto che nel novembre del 1933 compose un Epigramma in cui Stalin veniva definito Il montanaro del Cremlino. A maggio la Čeka lo arrestò. L’intervento di Bucharin, Achmatova e Pasternak fecero tramutare la pena di morte in tre anni di confino a Čerdyn’, dove, si dice, leggeva le poesie di Petrarca per sollevare il morale dei detenuti. Morì il 27 dicembre 1938 in un gulag nei pressi di Vladivostok, estremo oriente dell’Impero.

Con la sua morte e quella di Gumilëv, fucilato nel 1921, scomparve il sogno acmeista di ricreare e potenziare il magistero dantesco in terra russa.

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Chiudiamo con Angelo Maria Ripellino, suo traduttore, che lo commenta in tal modo: “Mandel’štam ci appare come un poeta greco o latino che scriva in russo… le sue metafore rapprese e compatte, somigliano a quinte simmetriche, le sue città si stendono come antiche arene. Trascinato dal culto del mondo antico, egli osserva la sua epoca come da altri secoli, e il tempo stesso sembra in lui pietrificato”.

Valentina Balestra e Denise Simonetti (Slaviste col rossetto)

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