“Mamè”, la storia di un’altra Calabria

“Chi ci crede e chi non ci crede”. È un’altra Calabria, la parte dimenticata dell’anima, quella raccontata dalle tre sirene di Mamè, lo spettacolo teatrale realizzato da Compagnia BA17 in coproduzione con I vacantusi.

Autrice, regista e attrice Angelica Artemisia Pedatella, sul palco assieme a Massimo Rotundo, Sabrina Pugliese, la cantante Fausta Toscano, i danzatori Giada Guzzo e Raphael Burgo e il musicista Daniel Melaragno.

Mamè è una drammaturgia contemporanea sulla Calabria minore che minore non è perché racconta i popoli e le lingue che le hanno forgiato il carattere e donato identità: la Calabria grecanica, quella occitana, quella arbëreshë.

Leucosia, Partenope e Ligea sono abbarbicate a una roccia nei pressi della terraferma. La chiamano Mamè, è la loro madre, matrigna delle comunità che, venute da lontano, vi cercarono riparo; una roccia in cui si imbattono tutti i marinai naufraghi per il Mediterraneo, uomini pronti a confrontarsi con la morte, giramondo e masnadieri che cercano l’avventura, come tutti quelli che non possiedono casa, che non hanno radici.

“Sei arrivato fin qua, marinaio. Raccontaci la tua storia, noi la ascolteremo…”

Tre sirene, tre sorelle unite dalle storie di quelli che sono giunti in terra di Calabria attraverso il mare e le montagne.

Foto Vincenzo Cardamone

Uno spettacolo che stimola tutti i sensi: la vista, coi colori forti dei vestimenti degli attori; l’udito, sollecitato dalle musiche dal vivo e dalle lingue arbëreshë, occitana, grecanica che si intrecciano l’una con l’altra; il tatto, con la tridimensionalità della scenografia che crea un contatto col pubblico; financo l’olfatto e il gusto, con l’odorosa salsedine del mare sullo sfondo che pare schizzare e appiccicarsi sul viso e sulle labbra.

Mamè, sostiene Angelica Artemisia Pedatella, è “una storia dedicata a tutti quelli che se ne sono dovuti andare da questa terra, alcuni senza avere avuto l’opportunità di conoscerla”.

Foto Vincenzo Cardamone