Recensioni: “Il governatore” di Leonid Andreev

L’arte di comporre il dramma di Leonid Andreev si esteriorizza anche in questo romanzo dal titolo Il governatore, edito da Ortica; un’azione scenica insita sin dalla scelta della copertina: Ofelia, opera del pittore Millais.

Come può essere correlata al protagonista, Ofelia, figura femminile tra i protagonisti dell’Amleto di William Shakespeare! Ofelia travolta dall’amore per Amleto, che si rivela l’assassino del proprio padre, muore annegando in un ruscello, ma di questa scena non vi è alcuna rappresentazione, se non il dialogo tra Laerte e la madre Geltrude; la fanciulla caduta nelle acque del ruscello non oppone resistenza alla corrente, abbandonandosi completamente al suo destino di morte. Questo è ciò che accomuna Ofelia al Governatore: abbandonarsi completamente al loro destino di morte, anche se per il protagonista del romanzo la causa è provocata da morte: morte porta morte.

Un movimento lieve della mano che fa sventolare un fazzoletto bianco e tutto cambia, così bene descritta da Leonid Andreev (1871-1919), tutto esprime. Il fazzoletto bianco porta a pensare come simbologia alla bandiera bianca, che rappresenta pace, tregua, estraneità al conflitto, ma il fazzoletto bianco del governatore è intrinseco della più spietata e abbietta carneficina. Il colore bianco è un colore di elevata luminosità, un colore acromatico associato alla luce e rappresenta purezza, pace, libertà e anche nuovo inizio; un nuovo inizio che è legato all’opposto, alla morte, una morte sanguinaria, fratricida, segnata da colpi di fucile e sangue che travolgerà tutto il territorio governato dal protagonista e in primis sé stesso. L’irreparabile si è compiuto, non si può tornare indietro, ormai è tardi.

Da quell’evento per il governatore il tempo si è arrestato in un limbo senza fine che lo travolge nei suoi pensieri e nell’attesa che il destino si compia, alla ricerca di congetture e false giustificazioni per screditarsi alla sua stessa anima di ciò che è avvenuto e nonostante il continuo vedere e rivedere tutti quei corpi inermi strappati alla vita con distacco emotivo, non riuscirà più a cancellare dalla sua mente quanto accaduto. Trascorrono i giorni, ma lui è bloccato in quello spazio di tempo che va dal segnale del fazzoletto ai colpi di fucile, al sangue: qualcosa di irreparabile si è compiuta. Ormai fisso nel cervello, come un caleidoscopio, dove le immagini riflesse anziché mutare si ripresentano nella loro brutale integrità.

Il governatore del romanzo di Leonid Andreev, sopraffatto dal pensiero che sarà ucciso, cerca di idearne la trama, da chi a come, opponendo alla sua dignità attenuanti poco plausibili, perché lui stesso autore di quel segnale, il dare il fuoco; così ogni struttura ricreata crolla. Tardi, una parola che riecheggia e si allontana.

“Mi uccideranno?” “Il popolo lo vuole.” La mattina seguente il massacro degli operai, tutta la città sa che il governatore sarà ucciso. Le sue giornate cominciano a essere accompagnate dal sopraggiungere di lettere con su scritto “massacratore di bambini”, ma il tempo trascorre e tutto è sospeso, bloccato in un’attesa inattesa. Per un breve periodo non riceve neanche più le lettere, che riprenderanno poi implacabili, sino a quella che tutto gli renderà chiaro, il sopraggiungere di quella morte tanto inneggiata.

La forza di un messaggio, come quello della stessa casa editrice, è racchiuso nelle scelte delle parole e non dalla loro quantità: solidarietà-cooperazione-amicizia-fratellanza, armonia fra tutti gli esseri viventi.

Simona Trunzo